ANNO 14 n° 118
Dal notaio già giovedì
Lunedì prevista un'infuocata direzione provinciale del Pd, martedì a Roma
24/01/2016 - 02:00

di Roberto Pomi

VITERBO – Crisi a Palazzo dei Priori, è il momento della verità. Due passaggi importanti all’inizio della settimana: lunedì la direzione provinciale del partito, che si annuncia come infuocata; e martedì il tavolo romano proprio per arrivare a una sintesi sul futuro dell’amministrazione Michelini. Anche se questo secondo appuntamento appare sempre più come una mera formalità. I bene informati infatti danno per scontato che la storia finirà davanti a un notaio, come accaduto per l'amministrazione Marino a Roma. Giovedì dovrebbe essere il giorno buono. Oppure dimissioni in blocco, dei sette e delle minoranze, nel consiglio comunale che dovrebbe tenersi il 2 febbraio.

Dal primo incontro, stando alle indiscrezioni trapelate in queste ultime ore, dovrebbe uscire un documento con la posizione del partito sul caso Viterbo e sulle prossime elezioni amministrative nei 21 comuni che vanno al rinnovo a giugno. I soliti bene informati parlano di una linea dura nei confronti di Moderati e Riformisti e di possibili alleanze con questa nuova realtà.

La posizione che il Pd provinciale andrà ad assumere soprattutto sulla situazione del capoluogo sarà messa sul tavolo di martedì e illustrata agli occhi dei rappresentanti nazionali e regionali. Leggi Lorenzo Guerini, Riccardo Tramontana e Fabio Melilli. Da loro i viterbesi si attendono una posizione definitiva, in sostanza attendono indicazioni su come comportarsi. Anche se non avendo vincolo di mandato poi spetterà a loro decidere in che direzione muoversi.

Diversi gli scenari possibili che potrebbero uscire comunque dall'incontro: la richiesta di dimissioni dello stesso sindaco, che quindi avrebbe venti giorni di tempo per effettuare disperati tentativi di ricomposizione della situazione; l’indicazione ai consiglieri dissidenti di formalizzare in consiglio comunale la sfiducia, o il ''liberi tutti'' di andare o davanti al segretario generale o dal notaio per rassegnare le dimissioni. Quest’ultima azione implica che i sette, o comunque una parte di loro, agisca in combinazione con i consiglieri di minoranza. Per determinare la caduta dell’amministrazione infatti sono necessarie le dimissioni di almeno 17 consiglieri.

E al di là di quanto sarà detto nella capitale, la sorte appare segnata. In politica è sempre tutto possibile, anche se una ricomposizione è stavolta davvero difficile.





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