ANNO 14 n° 116
Appalti truccati, gli arrestati in attesa del pronunciamento del gip
31/10/2012 - 04:00

VITERBO – Per conoscere la decisione del giudice per le indagini preliminari del tribunale di Viterbo dovranno attendere fino a venerdì, lunedì al massimo, i dodici arrestati nell’ambito dell’inchiesta “Genio e sregolatezza”. Quella su un presunto e macchinoso giro di appalti truccati e gare pilotate.

Mentre gli indagati sono in totale cinquantuno, gli arrestati sono dodici: tre ai domiciliari (il vicesindaco del Comune di Graffignano Luciano Cardoni, e gli imprenditori Stefano Nicolai di Montefiascone e Marcello Rossi, viterbese) e nove in carcere. Nella casa circondariale di Civitavecchia sono finite l’imprenditrice Daniela Chiavarino e la funzionaria del Genio civile Gabriela Annesi di Vignanello; nel carcere Mammagialla sono invece ristretti: il secondo dipendente del Genio civile coinvolto nell’inchiesta, Roberto Lanzi; il dimissionario sindaco di Graffignano Adriano Santori; e gli imprenditori Angelo Anselmi, Fabrizio Giraldo, Roberto Tommasetti, Amedeo Luca Girotti e Gianfranco Chiavarino (padre di Daniela). 

Tutti già sottoposti ad interrogatorio di garanzia, sede in cui – ad eccezione di Anselmi e Cardoni – si erano avvalsi della facoltà di non rispondere. Per alcuni di loro i legali hanno avanzato richiesta di revoca delle misure cautelari; per altri, invece, è il caso dell’avvocato Marco Russo che assiste l’imprenditore vetrallese Rossi, hanno optato per il ricorso al Riesame. 

Per i primi, quelli cioè che hanno già chiesto la scarcerazione, il pronunciamento del gip Franca Marinelli è atteso per la giornata di venerdì. I pubblici ministeri Stefano D’Arma e Fabrizio Tucci, infatti, ieri hanno depositato i pareri sulla scrivania del magistrato che, adesso, li esaminerà. 

Si fanno sempre più insistenti, nel frattempo, le voci di nuovi, imminenti interrogatori: i prossimi ad essere ascoltati dalla polizia giudiziaria saranno, con ogni probabilità, le persone iscritte sul registro degli indagati. Ma non solo: non è escluso che, nel pasticciaccio delle gare truccate, spunti fuori il nome di qualche altro soggetto che, magari, aveva un ruolo determinante nell’affidamento degli appalti. 

Emergono, infine, nuovi dettagli sul modus con cui gli imprenditori procedevano per garantirsi e controllare gli appalti più appetibili di mezza provincia. Il trucchetto più semplice era quello di aprire le buste e sostituire l’offerta con un’altra più vantaggiosa. Et voilà, la gara era vinta.

Un meccanismo ormai collaudatissimo che permetteva alle ventuno ditte “incriminate” un doppio vantaggio: riuscire ad aggiudicarsi le gare senza concorrenza grazie a ribassi inferiori del 15 per cento rispetto alla media, per poi intascare parte dell’importo risparmiato: circa la metà. Il resto andava ai due impiegati del Genio civile, considerati i veri faccendieri dell’articolato sistema corruttivo.

Sono due, entrando nello specifico, le tipologie delle gare truccate sotto la lente di ingrandimento degli investigatori. “La procedura ad invito – aveva spiegato durante la conferenza stampa il comandante del Nipaf Marco Avanzo – prevede che alcune ditte, chiamate direttamente dall’appaltante, presentino un’offerta. E’ chiaro che, se c’è accordo tra le aziende, non c’è concorrenza per aggiudicarsi la gara”. Simile era però anche la procedura aperta. “In questo caso l’aggiudicazione si basa sui punteggi ottenuti dalla ditta che offre servizi aggiuntivi e che presenta la proposta economica più vantaggiosa”. Anche in questa circostanza appare evidente che, se un’azienda conosce in anticipo qual è l’offerta migliore, acquisisce un punteggio elevato senza ricorrere a ribassi eccessivi.





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