ANNO 14 n° 120
E adesso s'attende il processo
Dopo il patteggiamento dei Chiavarino e Tommasetti, in 8 a giudizio
26/09/2013 - 04:00

VITERBO – Tre dei protagonisti principali dell’appaltopoli viterbese sono definitivamente fuori dal processo.

Si tratta degli imprenditori Gianfranco e Daniela Chiavarino (padre e figlia), e Roberto Tomassetti che, ieri mattina, hanno patteggiato davanti al giudice Pepe.

Come concordato con i sostituti titolari della maxi inchiesta “Genio e sregolatezza”, Fabrizio Tucci e Stefano D’Arma, il magistrato ha applicato le seguenti pene: un anno e sei mesi a Chiavarino senior; un anno, undici mesi e quindici giorni alla figlia; un anno, dieci mesi e venti giorni, infine, a Tomassetti.

I tre imprenditori edili erano finiti in carcere all’alba del 23 ottobre 2012 per tornare in libertà il 12 novembre, dopo l’annullamento dell’ordinanza per “vizio di forma” da parte del tribunale del Riesame. Poi il nuovo arresto, esattamente un mese dopo: il 23 novembre. Insieme a loro altre dieci persone erano finite dietro le sbarre: nove imprenditori, sempre ramo edilizia, e i funzionari del Genio civile (da qui il nome dell’operazione), Gabriela Annesi e Roberto Lanzi considerato, quest’ultimo il deus ex machina di tutto l’affaire appaltopoli.

Secondo quanto ipotizzato dagli inquirenti, gli indagati avevano costituito un vero e proprio cartello per spartirsi i lavori pubblici: ventisei, al momento, quelli risultati truccati, tra servizi di raccolta differenziata, ristrutturazione di immobili e lavori stradali, per un valore complessivo che si aggira intorno ai dodici milioni di euro.

Nell’inchiesta sull’appaltopoli made in Tuscia sono coinvolte, a vario titolo, sessantatre persone, tra cui amministratori comunali.

Per tutti la Procura, ritenendo le prove fin troppo evidenti, avrebbe voluto procedere con il rito immediato. Poi la richiesta di patteggiamento da parte dei Chiavarino e di Tomassetti e l’accoglimento da parte di pm, prima, e del gip, poi. Accoglimento derivato anche dalla collaborazione fornita dall’imprenditrice di Celleno e dal padre che, secondo l’accusa, avrebbero contribuito a manovrare almeno una decina di appalti. D’Arma e Tucci, in particolare, descrivono i tre come “ideatori ed organizzatori” del sistema corruttivo messo in piedi. Analoghe le considerazioni del gip Franca Marinelli che, nella seconda ordinanza, rimarca la loro “posizione di preminenza rispetto agli altri imprenditori” e “l’estrema spregiudicatezza”.

Adesso, dopo la battuta d’arresto per via dell’astensione del giudice Nisi, si attende l’apertura del processo. In otto saliranno sul banco degli imputati: gli imprenditori Giuliano Bilancini, Angelo Anselmi, Fabrizio Giraldo e Luca Amedeo Girotti; poi ci sono il sindaco di Graffignano Adriano Santori e l’assessore Luciano Cardoni.

I costruttori Stefano Nicolai e Marcello Rossi, ai quali fu subito concessa la detenzione domiciliare, sono in bilico tra l’archiviazione ed il rinvio a giudizio.





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