ANNO 14 n° 120
Trema la “cupola” degli appalti truccati
Spuntano nomi eccellenti nell’indagine parallela, si aggrava la posizione degli indagati
23/11/2012 - 04:00

di Alessia Serangeli

VITERBO – Un mese giusto giusto. Il tempo trascorso dal maxiblitz che ha sgominato la “cupola” degli appalti truccati; ma anche il tempo che è stato necessario al pool inquirente di via Falcone e Borsellino per aprire un nuovo fascicolo.

I sostituti titolari dell’inchiesta “Genio e sregolatezza”, Stefano D’Arma e Fabrizio Tucci, hanno lavorato a tamburo battente, scartabellando ad una ad una le pagine della documentazione sequestrata in uffici di enti pubblici ed aziende private. Così come hanno fatto gli uomini del Corpo forestale che, nel corso di queste ultime settimane, hanno effettuato ulteriori accessi e perquisizioni all’indirizzo di diversi palazzi (comunali).

E, adesso, mentre il primo filone di indagine sta per concludersi (la proroga chiesta dai pm nel mese di maggio scade il 25 novembre prossimo), un altro sta per aprirsi. Ed è destinato a portare a galla una tangentopoli di dimensioni ancora più estese (verso la Capitale e l’Umbria) di quella che l’ha preceduta, e a coinvolgere personaggi eccellenti; nomi illustri di dinastie da sempre impegnate nel settore delle opere pubbliche.

Ma torniamo a “Genio e sregolatezza, fase 1”. Che, sì, è agli sgoccioli, ma potrebbe avere risvolti (eclatanti ma non del tutto inaspettati) già nelle prossime ore. Perché la posizione di alcuni dei sessantatre indagati (dodici quelli in un primo momento ristretti in regime di custodia cautelare e, successivamente, rimessi in libertà dal tribunale del Riesame, per un “vizio di forma” nell’ordinanza emessa dal gip di Viterbo e non per l’infondatezza dei reati contestati) si sarebbe aggravata ulteriormente. Ricordiamo che, a vario titolo, la Procura contesta loro i reati di corruzione, turbativa d’asta e rivelazione di segreto d’ufficio. A questi, adesso, se ne potrebbe aggiungere un altro. Il motivo è semplice e, anzi, anche piuttosto prevedibile: secondo quanto ricostruito durante la fase delle indagini (supportate, lo ricordiamo, dalla bellezza di 700mila telefonate registrate e 12mila ore di riprese video), ma anche e soprattutto in seguito alla retata del 23 ottobre scorso, che ha consentito l’acquisizione di nuovo materiale probatorio, e alle dichiarazioni rese dall’imprenditore Angelo Anselmi (unico fra tutti che ha scelto di collaborare con la magistratura), gli inquirenti non nutrirebbero più alcun dubbio sul fatto che a gestire l’affaire in mezza provincia viterbese ci sarebbe stato un vero e proprio grande cartello di imprenditori, funzionari pubblici ed amministratori che si spartivano gli appalti.

Il ricorrere dei nomi (più o meno sempre gli stessi) e del modus operandi (più o meno sempre lo stesso anche quello) potrebbe quindi far scattare anche il reato di associazione a delinquere e la richiesta di nuovi mandati d’arresto. (Del tintinnar di manette sembra già di sentire l’eco).





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