ANNO 14 n° 118
Il figlio di Zappa: ''Necessaria la certezza della pena''
29/03/2012 - 13:09

Pubblichiamo la lettera scritta da Gianluca Zappa, figlio di Ausonio Zappa, il professore brutalmente aggredito durante una rapina nella sua abitazione:

Ormai lo sapete tutti, perché è un caso nazionale: mio padre è stato ridotto in fin di vita per niente, da quattro balordi romeni. Il fatto ha destato scalpore e scandalo, perché del tutto gratuito, irrazionale, stupido. Non si può ammazzare così una persona inerme e pacifica. Non c’è movente, non ci sono dietrologie da fare, non c’è niente che possa giustificare la gravità dell’accaduto.

La cosa più facile e immediata è dire che questi extracomunitari sono tutti mascalzoni e vanno tolti di mezzo. E’ una reazione comprensibile e che, in parte, tocca un problema reale. Questa banda era stata identificata, era tenuta d’occhio. Ma ci si chiede perché mai dei simili balordi non vengano subito neutralizzati, per prevenire. Non basta identificarli, se poi possono colpire come e quando vogliono. Nell’Italia ipergarantista sentiamo tutti un senso d’impotenza: chi delinque riesce sempre a farla franca. E’ vero che le forze dell’ordine non riescono a controllare perfettamente il territorio, ma è anche vero che vivono la frustrazione continua di veder vanificati i loro sforzi, magari da qualche procuratore di “larghe vedute”. La durezza e la certezza della pena sarebbe di certo un deterrente. Comunque la cosa peggiore, in questi casi, è scatenare la caccia all’extracomunitario, anche perché si farebbe di tutta l’erba un fascio e si sposterebbe il vero problema, che è quello della cultura.

I quattro balordi erano figli di genitori provenienti dalla distruzione culturale e morale del comunismo. Ma la cultura che hanno incontrato qui da noi, in Occidente, è sana? No. Non c’è alcuna differenza tra una banda di romeni e una banda di bulli perfettamente italiani. Stesso degrado, stessi obiettivi, stessi “miti” sbagliati, stessa mancanza di valori, di dignità di onestà, di senso del sacrificio e del dovere. Stesso individualismo, edonismo, egoismo, materialismo. L’impatto con un Occidente degenerato non fa che peggiorare una già degradata provenienza culturale.

E’ facile arrabbiarsi, indignarsi, scaricare il problema sulle istituzioni, sui politici, sulle forze dell’ordine. Ma siamo disposti a cambiare testa, a cambiare cultura? Siamo disposti tutti a una “conversione”? Abbiamo buttato elegantemente nel cestino la cultura cristiana che ci ha fatto grandi, che ha generato opere d’arte, opere di misericordia, una convivenza civile basata sul senso del rispetto, dell’onore, della responsabilità, della solidarietà. Cosa ci è rimasto? Il nulla.

Le teorie pedagogiche in voga non sono più nemmeno in grado di dire con chiarezza ciò che è bene e ciò che è male, ciò che è giusto e ciò che non lo è. Abbiamo messo in crisi il valore dell’autorità, abbiamo predicato il lassismo morale, che crede nella “spontaneità” dell’individuo solo perché non ha mete precise da proporre, che è tollerante di tutte le idee perché non sa difenderne una. Tant’è vero che questa cultura, messa poi alla prova, non riesce nemmeno a darci leggi chiare, giuste, rigorose.

Ci laviamo volentieri le mani. Qualcuno chiede di impedire via Internet o via TV la diffusione di certi contenuti, di certi siti, di certe schifezze o violenze? E’ censura, non si può fare. Qualcuno chiede di segnalare il minorenne pericoloso? Bisogna stare attenti, c’è la sacrosanta privacy. Qualcuno prende provvedimenti disciplinari a scuola? Le famiglie credono si saperne di più dei professori, quando non sono gli stessi professori a disinteressarsi completamente del loro ruolo di educatori.

L’uomo ridotto a merce, ad animale che consuma, l’individuo ridotto a massa da plasmare, da strumentalizzare… è con tutto questo che l’Occidente deve fare i conti. Per non piangere poi lacrime di coccodrillo. E l’Occidente siamo noi. Dobbiamo tornare alle fonti dello spirito, alla trascendenza, a Dio. Dobbiamo tornare ad una misura che ci supera infinitamente. Dobbiamo tornare a guardare in alto, darci traguardi impegnativi e calare tutto questo nella società, con tutti i mezzi possibili. Non dobbiamo vergognarci delle nostre radici, dei nostri grandi valori cristiani, della nostra fede, se ancora ce l’abbiamo. Dobbiamo tornare a giudicare tutto a partire da questa fede e costruire su di essa una società che sarà di sicuro più a misura d’uomo.

E’ urgente. Per noi, per i nostri figli, per i nostri cari.

Gianluca Zappa





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