ANNO 14 n° 119
Macchina Santa Rosa, noi poveri provinciali e il trasporto straordinario
20/03/2014 - 00:00

di Andrea Arena

I sogni muoiono a marzo. Quando al primo sole si sciolgono anche i maglioni invernali, la voglia di andare in palestra, le incertezze su chi vincerà il campionato. Questo sogno qui che è morto, finito, in realtà non era neanche mai iniziato: dicesi Trasporto straordinario della Macchina di Santa Rosa alla presenza di papa Francesco. Una cosa seria, clamorosa, e-po-ca-le, un evento che in ottocento anni di gloriosa storia della festa nostra si era verificato prima solo due volte, e pure recenti, e pure ravvicinate (nell'83 per il 750esimo anniversario della nascita della santa bambina, e nell'84, quando un altro papa, Giovanni Paolo II, venne in visita in città).

Figuriamoci se stavolta si poteva fare. A partire dal motivo scatenante, ab ovo, come dicono quelli bravi: il riconoscimento della festività di Santa Rosa (non solo della Macchina tout court) come patrimonio immateriale dell'Unesco. Gran bel traguardo, sia chiaro: una tradizione viterbese che conquista un riconoscimento mondiale, prestigiosissimo, applaudito dal melting pot riunito a Baku per l'assemblea. Quel giorno di inizio di dicembre fu festa grande in città, ma anche a Nola, Sassari e Palmi, altri posti con tradizioni simili e gemellati con Viterbo proprio per ottenere la medaglia dell'Unesco.

Bene la festa, bene il consiglio comunale straordinario, bene persino gli stendardi celebrativi ancora appiccicati sulle mura. Ma annunciare, sperare, essere 'quasi sicuri' che il Trasporto straordinario si sarebbe fatto, be', è stato tutto un teatrino viterbese. Intanto, perché un Trasporto fuori stagione costa un botto alle casse comunali, e in tempi di patto di stabilità, di soldi zero, è una cosa che pesa. Eppoi per la questione papa. Ad un certo punto sembrava che la presenza di Francesco, di Bergoglio, fosse l'unico appiglio per garantire il Trasporto (anche perché si sa, il Vaticano è generoso e magari avrebbe potuto coprire buona parte delle spese). E giù, inviti, raccomandazioni pettegolezzi, certezze ('Vedrete che il papa viene, è quasi sicuro'). Da parte del Comune e di sapientoni vari. Tutte balle.

L'agenda del papa, specie di uno appena eletto e mediaticamente formidabile, è gonfia di appuntamenti. E Santa Rosa, per quanto festa originariamente cattolica, si deve mettere in coda tra le mille celebrazioni di ogni città, in tutti i continenti, che vorrebbero il Santo Padre come ospite. Alcune delle quali, tra parentesi, lo hanno invitato con molto più preavviso di noi provincialissimi viterbesi.

Perciò, anche se la presunzione non è un peccato capitale (c'è la superbia, che ci assomiglia molto), supporre, ipotizzare, già a dicembre, che Bergoglio potesse venire a Viterbo, in primavera, per quella che tutto sommato è e resta una festa paesana, vuol dire solo una cosa: che in pieno ventunesimo secolo qui ancora stiamo perdendo tempo a guardarci il nostro ombelico. Il migliore del mondo, quasi quasi merita il riconoscimento Unesco.   





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