

di Alessandro Soli
CIVITA CASTELLANA - Ricordi indelebili di vacanze avventurose per noi giovani degli anni ”60.
La prima e unica vacanza “on the road”
Aspettammo che Neil Armstrong “posasse” il piede sulla luna, quel lontano 16 Luglio 1969, prima di metterci in viaggio per la nostra prima vacanza così desiderata, imprevista e affascinante, considerati i modi e i tempi di allora. Piccola tenda canadese (tre posti), provviste a base di scatolame, tanta voglia di avventura, pochi soldi in tasca, ma soprattutto “lei” la mitica “Giulia Alfa Romeo bianca” di Giorgio, alla quale affidavamo i nostri sogni.
Avevamo scelto la Calabria, così, ma non per caso, e Tropea in particolare, scrutando la cartina. Avevo fatto il militare a Salerno, ero appena congedato, e dopo aver sentito per mesi parlare di un mare stupendo, specialmente dai commilitoni calabresi, convinsi Giorgio e Sergio (i miei due amici) ad intraprendere l’impresa. La chiamo e la chiamerò sempre impresa, perché arrivare fin laggiù, non era facile, lo sapevamo, ma la voglia di rinnovamento, di avventura, che respiravamo in quegli anni cosiddetti “rivoluzionari”, ci diede quella spinta in più per provare.
Partimmo da Civita, come dicevo, che era ancora buio, non sto a ricordare particolari di viaggio, che sfuggono alla mia mente, ma cercherò, con qualche “pennellata” di farli rivivere. Come ad esempio la sosta in quel di Paestum, dove visitammo i templi e facemmo foto che ancor oggi conservo, reminiscenze di ricordi scolastici ad indirizzo classico. Oppure quell’indimenticabile bagno fatto al tramonto, dopo una giornata calda ed estenuante, su una spiaggetta di Diamante, dove testammo per la prima volta il mare di Calabria. Poi via, lungo la tortuosa provinciale che scendeva, scendeva, tra panorami mozzafiato verso la nostra meta: Tropea. Era un piccolo borgo di pescatori: la chiesa, il comune, un bar, un forno ed una pescheria. Tutto qua, ma a noi interessava poco, avevamo la tenda, dovevamo andare a “piazzarla” ed avremmo risolto il problema principale.
Man mano che ci avvicinavamo alla spiaggia notammo che era in atto qualcosa che stava cambiando quella natura selvaggia ed incontaminata, qualcosa che faceva pensare ad un tentativo di rendere accessibile e fruibile quel tratto di costa. In poche parole stavano costruendo un camping, il primo, ma in quel periodo i lavori erano fermi.
Chiedemmo a qualcuno del posto, che confermò quello che pensavamo. “Sì, è un torinese che sta costruendo un camping, ma se voi volete, potete piazzare la tenda laggiù, tanto lo ultimerà l’anno prossimo.” Capirai, non poteva capitarci di meglio, eravamo in paradiso, mare trasparente che assumeva i colori più diversi durante il giorno, sabbia bianchissima, ma soprattutto scogli e spruzzi d’acqua che rendevano quella vacanza unica.
Avevamo lì il nostro campo base, e per non smontare la tenda, facevamo varie escursioni nelle vicinanze, come ad esempio a Capo Vaticano, dove tra i folti uliveti, ammirammo la villa di Giuseppe Berto scrittore calabrese, famosissimo, che non aveva esitato a costruirsi in quel luogo isolato e impervio la sua dimora. Poi un giorno decidemmo di scendere ancora e arrivammo fino a Bagnara calabra e a Scilla, dove chissà perché pensai alla mitologia, a Ulisse, ai mostri appunto che erano Scilla e Cariddi inesorabili guardiani di quella costa.
Facemmo anche un pensierino per andare in Sicilia, altro sogno mai realizzato, ma fatti rapidamente “quattro conti”, ci accorgemmo di avere si e no i soldi per la benzina per Civita. Fu quella la prima e l’ultima volta che scesi in Calabria, perché da sposato scelsi un mare diverso e più tranquillo, come l’Adriatico, poi ancora la montagna ed altre mete vacanziere. Ma a distanza di tanti anni, parlando con chi è stato a Tropea, anche recentemente, e sento parlare di discoteche, di grattacieli, di resort, di villaggi turistici, insomma del turismo di lusso, come non posso ricordare la nostra piccola tenda canadese e la Giulia bianca che ci portò “in paradiso?”
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