ANNO 15 n° 256
“Basta che se magna e se beve”
C’era una volta a Civita, rubrica a cura di Alessandro Soli
05/01/2024 - 02:00

di Alessandro Soli

 

CIVITA CASTELLANA - Un calcio a tutti i problemi fisici, materiali e spirituali che affrontiamo quotidianamente, allora diveniamo filosofi ed affermiamo “Basta che se magna e se beve”.

 

Basta che se magna e se beve

Una volta erano le sole feste patronali a scandire, specialmente nei paesi, il ritmo di una vita basata su tradizioni popolari che si perdevano nel tempo e reclamavano il diritto di entrare nella storia. Tradizioni religiose, folkloristiche e perché no, anche culinarie. Oggi le tradizioni religiose, pur con qualche “tentennamento”, resistono tenaci all’assalto di nuove idee, di nuove etnie, e nel nome della globalizzazione mondiale, limitano la loro secolarità alle processioni di paese, con l’ostensione delle reliquie del santo patrono, le messe solenni e le benedizioni particolari.

Il folklore, malgrado tutto, ancora “regge bene” con le sfilate in costume, le bande caratteristiche ed i “fuochi e bòtti finali”. Per quanto riguarda “magnà e beve” c’è stata una escalation incredibile, che ha inquinato, lasciatemi il termine, l’habitat paesano, sicuramente più povero, ma più felice di quello odierno.

Ecco svelato il titolo di questo mio pezzo che non vuole sminuire per carità, l’importanza dello stare insieme con i piedi sotto le tavolate dove “se magna e se beve” sempre, e non solo per le feste patronali, quando le osterie la facevano da padrone con i loro cibi caratteristi e soprattutto “genuini”. Non ci accorgiamo, ma stiamo correndo un grosso rischio, cioè che questo “magnà e beve” sta creando una inflazione irreversibile , anzi si nota la voglia di far entrare “con forza” tra le tradizioni popolari, di cui parlavo sopra, le mille sagre e feste varie dai titoli più impensati (non li cito volutamente), ma si va dalla sagra del “pan bagnato” a quella del “sellero fritto”, passando dalla sagra del “fico in umido” a quella del “cocomero in padella”.

Ma va bene così, e voglio chiudere con gli ultimi versi della mia vecchia poesia “Come farò” - Noi civitonichi semo fatti così, sempre pronti a magnà, beve e a diverticce, nun ce penzamo si dovemo morì, intanto ‘nfilamo ste sargicce!





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