ANNO 14 n° 121
“Cerase viscioli e cerasoli marini”
C’era una volta a Civita, rubrica a cura di Alessandro Soli
23/06/2023 - 19:26

di Alessandro Soli

CIVITA CASTELLANA - Scritto di stagione, quando le stagioni erano normali ed i frutti erano questi.

 

 

Come eravamo

CERASE, VISCIOLI E CERASOLI MARINI

 

Il periodo è sempre questo, primavera inoltrata. Ci lasciamo alle spalle, aranci, mandarini e gli altri frutti invernali ed ecco che insieme alle fave dell’orto (i scafi), arrivano le ciliegie, o meglio per dirla in gergo “é cerase”. Ormai la cosiddetta globalizzazione fa si che queste “primizie” non possono più considerarsi tali, perché le importazioni, anche da paesi lontanissimi, grazie ai velocissimi mezzi di trasporto, e alla capillare distribuzione, le fanno arrivare direttamente sulla nostra tavola. Tutte perfette, lucide, taglio unico, bellissime a vedersi, perché il mercato vuole così, col prezzo che penalizza però, come sempre, i meno abbienti. E allora come non ricordare le scorpacciate che si facevano delle “cerase”, quando arrampicati sull’albero cercavamo di raccoglierne il più possibile, strappandole dai rami, sbilanciandoci, in continuo rischio cadute.

Personalmente ricordo quelle che raccoglievo nel giardino (‘o scuperto) dietro alla trattoria di nonno Giano qui a Civita Castellana, in via della Repubblica. Potevo ritenermi fortunato, perché ce l’avevo in casa, e non facevo fatica per averle, mentre gli altri bambini del quartiere, rischiavano di tutto di più, perché dovevano andare nei campi (degli altri) a “trafugarle” , sempre pronti alla fuga, inseguiti dall’imbestialito proprietario armato di bastone. Eppure se devo essere sincero, a volte li ho invidiati, perché sapevo di perdermi il gusto e il sapore dell’avventura.

Parenti stretti delle cerase, sono i “viscioli” con il loro sapore acre, sublimi ed unici quando diventano confetture e marmellate per la famosissima crostata (‘a crostata co’ ‘a marmellata de’ visciole). Purtroppo questo è un frutto in via di estinzione, le sue piante, una volta presenti in ogni vigna tra un filare di vite e un albero di “melluzzole” (piccole mele verdi acerbe), oggi si vedono raramente, oggi non fanno più mercato, e nello stesso tempo privano coloro che non le conoscono di sapori antichi e genuini.

Ancora più rari, forse scomparsi, sono “i cerasoli marini”, ciliegie selvatiche che crescevano ai lati dei fossi, in genere tra gole profonde, meno nobili delle cerase o delle visciole, ma tanto ambiti da noi piccoli “guerrieri”. Non avevano un gran sapore, ma nel nostro immaginario rappresentavano il nutrimento che la natura incontaminata delle forre civitoniche, ci offriva. Già, la natura incontaminata, quella che ci consentiva di bere, prendendola tra le mani, l’acque corrente “d’o fosso”. 

Voglio ritornare un attimo alle cerase; forse ancor oggi è rimasta un’immagine, o meglio un rito, che si perpetua nel tempo e che vorrei tanto ripetere con i miei nipotini (che sicuramente conoscono, per fortuna), cioè quello di appendere agli orecchi una coppia di ciliegie, quasi fossero gioielli pendenti, simbolo antico di una natura eterna. E se vengono dall’oriente o dal Sudamerica, non fa niente, perché l’emozione che si prova è sempre la stessa!

 





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