ANNO 14 n° 119
Prima delle dimissioni, tre anni di teatrino
14/01/2014 - 00:01

VITERBO - (An. Ar.) Tre anni passati più o meno pericolosamente. Con un'accelerazione delle beghe specialmente negli ultimi mesi. Ad essere maliziosi, da quando si è capito che per le Province (tutte, compresa quella di Viterbo) il destino era segnato. Che il Governo – qualsiasi Governo, di qualsiasi colore – le avrebbe abolite, o ridotte a qualcosa di meno ingombrante, costoso e inutile di quello che sono oggi. Da quando si è intuito che non ci sarebbe più stata trippa per gatti, il teatrino ha perso ogni inibizione. E ha infilato una serie di perle indimenticabili.

Già, perché quando il ghiaccio si assottiglia i pinguini cercano di guadagnare gli ultimi blocchi utili (leggi: le ultime poltrone). E si azzuffano tra famiglie, persino tra parenti, per tutelare il loro piccolo spazio vitale all'asciutto. Così a palazzo Gentili, solo nell'ultimo anno, si sono susseguite le dimissioni, i rimpasti, i ritorni più o meno trionfali. Presidenti del consiglio che lasciano e poi ritornano e poi passano a fare gli assessori. Assessori esterni che vengono nominati e poi sostituiti manco fossimo all'amichevole scapoli contro ammogliati. Figli che succedono ai padri. Cinque mesi di tempo per eleggere il presidente del consiglio attualmente in carica, Francesco Bigiotti, con in mezzo tutta una serie di rinvii, agguati e sceneggiate oltre ogni limite dell'umana decenza. Consiglieri che cambiano gruppo così, per fare ammuina, e altri che subentrano a partita in corso. Senza dimenticare un'opposizione narcolettica, che vota contro raramente, s'inalbera altrettanto raramente, e più spesso si lava le mani, pilatescamente.

Tutto questo ha dovuto sopportare Marcello Meroi. Che pure era riuscito a riconquistare la Provincia per il Centrodestra dopo la clamorosa sconfitta di Battistoni e la conseguente era Mazzoli. Ha sopportato, ha mediato, spesso ha anche abbozzato, e alla fine non ce l'ha fatta più. Ha persino concesso dodici giorni alla sua maggioranza per trovare un accordo condiviso sulla riduzione delle spese, ma loro, quelli che seggono alla destra del padre, non ce l'hanno fatta. Ieri mattina si sono presentati divisi alla meta, senza uno straccio di compromesso. E Meroi non ha potuto far altro che rispettare la promessa: dimissioni.

Il brutto è che bisognerà attendere ancora venti giorni per il completamento dell'iter amministrativo e la ratifica dell'addio. In venti giorni vuoi vedere che i litiganti – e i loro onnipotenti negoziatori, più o meno occulti – troveranno finalmente un punto di incontro? Così, giusto per non rischiare di essere esautorati da un commissario prefettizio che, se nominato, non guarderà di sicuro in faccia nessuno. Neanche i piccoli pinguini di questa Provincia sull'orlo dell'estinzione e senza neanche un Wwf che la riesca a salvare.





Facebook Twitter Rss