ANNO 14 n° 117
Mafia viterbese: il boss ha continuato a gestire gli affari dal carcere
Chiuse le indagini per i 13 indagati del clan calabro-albanese, spuntano nuove contestazioni

VITERBO – La procura di Roma chiude le indagini sul clan calabro-albanese smantellato dai carabinieri di Viterbo lo scorso 25 gennaio nell’ambito dell’operazione Erostrato. Operazione che portò all’arresto di 13 persone e consentì di scardinare un’organizzazione criminale, dalle precipue caratteristiche dell’associazione di tipo mafioso, che in due anni ha messo a segno in città una cinquantina di atti intimidatori.

La procura ha notificato agli indagati l’avviso di conclusione indagini, passaggio precedente alla richiesta di rinvio a giudizio e spuntano anche nuove contestazioni per uno dei vertici dell’organizzazione. Gli indagati sono Giuseppe Trovato, Ismail Rebeshi, Spartak Patozi, Sokol Dervishi, Gazmir Gurguri, Gabriele Laezza, Fouzia Oufir, Martina Guadagno, Luigi Forieri, Shkelzen Patozi, Ionel Pavel, Manuel Pecci e Emanuele Erasmi. A Giuseppe Trovato la procura riconosce un ruolo di ''direzione, promozione e organizzazione del sodalizio con compiti di decisione, pianificazione e individuazione delle azioni delittuose da compiere''. Stesso ruolo per Ismail Rebeshi. Tutti gli altri, per la procura, avrebbe dato ''un contributo causalmente rilevante nella consumazione di alcuni reati''. Spartak Patozi e Sokol Dervishi in particolare avrebbero fornito un costante apporto per l’operatività dell’associazione.

Nell’avviso di conclusione indagini spuntano nuove contestazioni nei confronti di Ismail Rebeshi. I fatti contestati in concorso con la compagna e la compagna del fratello sarebbero avvenuti l’8 maggio e il 7 giugno di quest’anno, quando si trovava già in carcere. Nel primo caso i tre hanno intestato fittiziamente la proprietà della società auto Bicu con sede a Viterbo, alle due donne, nel secondo solo alla sua compagna sarebbe intestata la proprietà del capitale sociale della società Le Bell, destinata a curare gli interessi di Rebeshi nel settore dell’intrattenimento notturno. Entrambe le operazioni sarebbero state eseguite per eludere le disposizioni in materia di prevenzione patrimoniale, con l’aggravante ''di aver commesso il fatto al fine di agevolare l’attività dell’associazione mafiosa''. Nei confronti delle due donne la procura procederà separatamente.

Intanto i 13 indagati hanno ora 20 giorni di tempo per presentare le memorie difensive.



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