ANNO 14 n° 118
Mafia viterbese, pronte a chiedere giustizia le 19 parti civili
A Roma, di fronte al tribunale di piazzale Clodio, riprende il processo a carico della banda di Trovato e Rebeshi
01/06/2020 - 06:43

VITERBO - Mafia viterbese, capitolo romano: pronte a chiedere giustizia le 19 parti civili. 

Parleranno questa mattina di fronte al giudice Emanuela Attura gli avvocati delle vittime del presunto sodalizio criminale di stampo mafioso che per mesi, dal 2017 fino al maxiblitz del 25 gennaio 2019, mise a ferro e fuoco la città di Viterbo. Attentati, incendi, intimidazioni, pedinamenti, minacce, tutto per raggiungere il controllo del capoluogo della Tuscia. 

A finire in manette tredici persone, tra cui i due presunti vertici della banda, Giuseppe Trovato e Ismail Rebeshi: in dieci hanno optato per il rito abbreviato, puntando allo sconto fino ad un terzo della pena; in tre - gli unici su cui non grava l'accusa di associazione mafiosa - sono a processo a Viterbo, con rito ordindario. 

Tra le vittime che oggi sono pronte ad unirsi alle richieste di condanna già formulate dai pm Giovanni Musarò e Fabrizio Tucci, 19 parti civili. A spiccare, nella lunga lista, il Comune di Viterbo, rappresentato in aula dall'avvocato Marco Russo, l’associazione antimafia Caponetto e Sos Impresa.

Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti nelle lunghe e articolate indagini, per mesi il sodalizio avrebbe messo in ginocchio la città a suon di attentati e intimidazioni per raggiungere il controllo delle principali attività commerciali, puntando ad azzerare la concorrenza nella vendita di preziosi e nella gestione di locali notturni. 

''Quegli attentati, quegli incendi ci hanno cambiato la vita - ha spiegato in aula il titolare di un Compro Oro che nell'arco di pochi mesi si sarebbe visto bruciare due auto, imbrattare di vernice la saracinesca del negozio e si sarebbe ritrovato una testa di agnello mozzata sul sedile della macchina - avevo paura di andare a lavoro e così ho smesso di farlo''. Ascoltato a Viterbo per il processo ordinario a carico di Emanuele Erasmi, Manuel Pecci e Ionel Pavel, ha concluso: ''Quelle intimidazioni ci hanno fatto chiudere''.  

Lo scorso 10 febbraio i pm della Dda di Roma hanno chiesto complessivamente 135 anni di reclusione: per Giuseppe Trovato hanno chiesto 20 anni di reclusione e 20mila euro di multa, per Ismail Rebeshi 20 anni e 20mila euro, per Sokol Dervishi divenuto collaboratore di giustizia dallo scorso ottobre, 8 anni, per Spartak Patozi 16 anni e 20mila euro, per il fratello Shkelzen 14 anni e 10mila euro, per Gazmir Gurguri 10 anni e 8 mesi, per Gabriele Laezza 14 anni e 16mila euro, per Fouzia Oufir 10 anni, 8 mesi e 10mila euro, per Luigi Forieri 12 anni e 4 mesi e per Martina Guadagno 9 anni e 4 mesi di reclusione.





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