ANNO 14 n° 118
Feto nel cassonetto: arrestata la madre
Indagato l'amico infermiere a cui sono stati sequestrati l'auto ed il cellulare
08/05/2013 - 04:00

VITERBO – (ale.ser.) Soppressione e occultamento di cadavere. Questi i reati di cui è accusata la romena di 24 anni che giovedì scorso (2 maggio) ha gettato in un cassonetto dei rifiuti di via Solieri, al Carmine, quel fagottino di sette mesi che aveva appena dato alla luce. Insieme al feto, anche gli abiti che indossava al momento del parto e un asciugamano che, probabilmente, le era servito per tamponare la grossa perdita di sangue.

Ed era stato proprio a causa dell'emorragia che la giovane, intorno alle 15,30, si era presentata al pronto soccorso dell'ospedale Belcolle. Ad accompagnarla il suo amico (50 anni, sposato, separato e con un figlio) che, nel nosocomio cittadino, presta servizio come infermiere.

Era stato lui stesso (tornato a vivere con i genitori a Marta dopo la separazione dalla moglie), a procurarle la ricetta per il Cytoec 200, medicinale che induce contrazioni uterine e, a questo scopo, assunta principalmente da donne straniere, tanto da essere chiamata la “pillola abortiva delle disgraziate”.

I due si erano conosciuti da poco, negli ambienti a luci rosse dei night club, dove la straniera lavorava e di cui lui pare fosse un habitué.

Per l'uomo, il giudice per le indagini preliminari Francesco Rigato non ha emesso alcun provvedimento restrittivo, sebbene gli siano stati sequestrati il cellulare e l'auto. (Pare che in questi giorni non si sia fatto vedere tra i corridoi di Belcolle).

La romena, invece, fino a ieri piantonata nel reparto di Ginecologia di Belcolle, adesso è nella casa circondariale di Civitavecchia.

La traduzione in carcere nel pomeriggio di ieri, subito dopo l'accoglimento da parte del gip Rigato della richiesta di custodia cautelare del sostituto Franco Pacifici. L'accusa è quella cntemplata dal 411 del Codice penale: soppressione e occultamento di cadavere.

Il dottor Pacifici, in realtà, pare avesse formulato un altro capo di imputazione: l'infanticidio. Secondo i primi risultati dell'esame autoptico, infatti, la bambina (nata due mesi prima del termine della gravidanza a causa dell'assunzione del micidiale farmaco da parte della madre) sarebbe nata viva. Il suo cuoricino, seppur per poco, avrebbe quindi battuto. E, forse, se fosse stata affidata tempestivamente alle cure sanitarie ce l'avrebbe fatta.

Ma questa, per il momento, è solo un'ipotesi: a confermarla o, al contrario, smentirla sarà la relazione dell'equipe medico-legale che ha svolto l'ispezione cadaverica sul feto. Non appena arriverà sulle scrivanie della Procura il quadro accusatorio potrebbe cambiare. Così come potrebbe aggravarsi la posizione dell'infermiere una volta che gli organi inquirenti avranno preso possesso dei tabulati telefonici.





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