ANNO 14 n° 120
Spese pazze Pd, Dilapidati alla Pisana 2,6 milioni di euro
Indagati 13 ex consiglieri regionali
in carica tra il 2010 e il 2013
25/12/2014 - 00:15

VITERBO – Ammonta a 2 milioni e 600mila euro la somma che i consiglieri regionali del gruppo Pd, in carica tra il 2010 e il 2013, tra i quali il viterbese Giuseppe Parroncini, avrebbero utilizzato illegalmente, spacciandole per spese inerenti la loro attività politico- amministrativa. L’indagine sulle cosiddette “Spese pazze” del Pd, condotta dalla Guardia di Finanza e coordinate dalla procura della Repubblica di Rieti, partita nel 2012, è stata formalmente chiusa l’altro ieri. Quarantuno, complessivamente, gli indagati che, nei prossimi giorni, riceveranno l’avviso di conclusione delle indagini, preludio alla richiesta di rinvio a giudizio.

Gli investigatori delle fiamme gialle avrebbero individuato decine di fatture con importi superiori alle prestazioni di fatto rese. Tra le carte sequestrate dalla guardia di finanza compaiono decine di ricevute per il rimborso di pranzi e cene non riconducibili ad alcuna attività politica, ma anche rimborsi per multe elevate durante le precedenti legislature, biglietti ferroviari, scontrini per un panino e una bottiglietta d'acqua, cesti natalizi (come nel caso di Parroncini), libri, gadgets, ingenti quantitativi di olio extra vergine di oliva, contributi a siti web e corsi di formazione. Tra le spese analizzate dalla tributaria compare anche la realizzazione di murales nel quartiere periferico del Quadraro a Roma.

Capitolo a parte quello delle campagne elettorali con migliaia di euro spesi per la produzione di manifesti e servizi televisivi per candidati sindaci e consiglieri di numerosi comuni del Lazio. Sotto la lente della procura anche gli emolumenti corrisposti per collaborazioni occasionali, mai avvenute o destinate a finanziare l'acquisto di altri beni e servizi che, secondo l'accusa, avevano poco a che fare con l'attività politica dei consiglieri del gruppo Pd alla Pisana.

Con i fondi della Regione Lazio, sempre secondo quanto trapela dalla procura reatina, sarebbero state finanziate anche associazioni o enti inesistenti, riconducibili a prestanome o che da tempo avevano cessato la propria attività.





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