ANNO 14 n° 118
La sanitā viterbese al tempo della crisi
Ecco cosa prevede l'atto aziendale elaborato dal commissario Asl
25/09/2013 - 04:00

VITERBO - Il male che affligge la sanità viterbese si chiama mobilità passiva. Cioè le migliaia di cittadini della Tuscia che, ogni anno, decidono di farsi curare negli ospedali di Roma o, addirittura, di altre regioni. Tanto che su un bilancio complessivo di circa 575milioni di euro, ben 129, il 22,4%, vengono assorbiti dalla ''migrazione''. Un dato che la dice lunga sul grado di fiducia dei cittadini sul sistema sanitario locale.

Ma il dato più allarmante, come ha spiegato il commissario della Asl Luigi Macchitella, la spesa per la mobilità passiva è dovuta solo per 8 milioni di euro a quelle speciliatà che non sono disponibili a Viterbo. Gli altri 121 milioni riguardano cure ordinarie, spesso di routine.

Comunque, si tratta di una somma del tutto incompatibile con i tempi di vacche magre che sta vivendo la sanità laziale, stritolata da un debito di oltre 10 miliardi di euro, quasi 20mila miliardi di vecchie lire.

E proprio la spesa per far fronte alla migrazione sanitaria ha pesantemente condizionato il cosiddetto ''Atto aziendale'', una sorta di programma di governo, illustrato ieri pomeriggio dal commissario della Asl Luigi Macchitella al comitato ristretto dei sindaci e che domani mattina, alle 10, sarà presentato alla conferenza dei sindaci, presieduta dal primo cittadino di Viterbo Leonardo Michelini. Un documento, quello di Macchitella, che configura il sistema sanitario provinciale ai tempi della crisi.

Le novità più importanti sono la creazione di quattro macro-dipartimenti: chirurgia, medicina e riabilitazione, oncologia, ematologia e servizi, emergenze e punti nascita; l’istituzione di 19 reti specialistiche, sul modello di quella già operante per senelogia; la riduzione dei distretti da cinque a tre e il potenziamento dei servizi sul territorio. Un atto aziendale che Macchitella, parlando al comitato ristretto dei sindaci, ha definito “ispirato a una logica nuova rispetto al passato”, finalizzato “a razionalizzare le risorse” e a “migliorare i servizi forniti ai cittadini, sia in ambito ospedaliero che nei distretti”.

I dipartimenti, nelle intenzioni dell’atto aziendale, oltre a migliorare la logistica dei reparti, che verranno posti uno al fianco dell'altro in base all'affinità specialistica, dovrebbe permettere anche di razionalizzare l'impiego del personale medico e paramedico, cronicamente carente. Un esempio per tutti: neurochirurgia, dotata di quattro posti letto, attualmente deve necessariamente disporre di caposala, infermieri e personale generico diviso in vari turni. Una volta inserita nel dipartimento di chirurgia, invece, non avrà più un proprio ''organico'' per soli quattro posti letto. Inoltre, in caso di necessità, la stessa neurochirurgia potrà disporre di altre degenze, riducendo così le liste d'attesa.

Le linee guida dettate dalla Regione Lazio, inoltre, imporranno anche una consistente sforbiciata ai primariati, proliferati in modo abnorme nelgi ultimi anni. Il loro numero dovrebbe diminuire di oltre il 30%. I tagli non risparmieranno nemmeno le unità operative complesse o semplici. In questo caso il taglio dovrebbe essere ancora più consistente e sfiorare il 50%. La linea di comando sarà semplificata attraverso la costituzioni di reti specialistiche, come già avviene per senologia.

Resta ora da vedere come l'atto aziendale verrà accolto dai sindacati prima e dalla conferenza dei sindaci poi. Ma Macchitella ha già fatto sapere agli uni e agli altri che i margini di manovra sono stretti, strettissimi, pressoché inesistenti.





Facebook Twitter Rss