ANNO 14 n° 118
La Regione non sa quel che possiede
Non esiste un inventario completo dei beni ''espropriati'' all'azienda sanitaria
24/09/2013 - 04:01

VITERBO - Solo la voce Viterbo occupa una decina di pagine del volumone intitolato ''1° elenco dei beni immobili da reddito delle Asl del Lazio in comunione'', divisi tra fondiari e urbani, redatto nel 2007. Altrettanto ne occupa Monte Romano. Distaccati notevolmente seguono Acquandente, Orte, Tarquinia, Proceno, Civitella d'Agliano. Ma, per ammissione di Risorse Srl, società regionale controllata da Sviluppo Lazio, cui era stato affidato l'inventario e poi sciolta, l'elenco è incompleto e lacunoso. ''Nell'elenco - spiega l'allora direttore dei servizi immobiliari di Risorsa Srl, l'architetto Marcelli - non sono riportati sia i beni che la Regione identifica sommariamente come 'non trasferiti', sia i beni di cui si ha notizia tramite le visure catastali o le visure comunali, tutte da accertare''. Ecco perché nell'inventario ci sono pagine complete di 'ND', ossia non disponibile.

Ma è ancora più scandaloso il fatto che tutto quel ben di Dio non dà alcun reddito o lo dà irrisorio rispetto al valore reale. Da tutto il patrimonio di Monte Romano, oltre 300 unità immobiliari agricole o urbane, tra le quali un grosso numero di abitazioni o uffici di svariate centinaia di metri quadrati, la Regione Lazio, che attualmente gestisce in proprio l'intero patrimonio ''espropriato'' alla Asl, incassa poche migliaia di euro l'anno, a fronte di un valore stimato di diverse decine di milioni di euro.

Pressoché identica la situazione di Viterbo e degli altri centri della Tuscia dove il patrimonio della Asl è considerevole. Un esempio per tutti: Podere Filante, sotto la Sammartinese, oltre 22 ettari di terreno, non rende praticamente nulla. Eppure il suo valore, stimato dall'Agenzia del Territorio, è di un milione e 459mila euro, ai prezzi del 2007.

Ma ci sono aspetti ancora più sconcertanti, che sconfinano nell'illegalità. Secondo i boatos provenienti da via Rosa Raimondi Garibaldi, infatti, ci sarebbero decine, forse centinaia gli edifici di pregio, soprattutto intorno a Roma e d'intorni, ma anche nel Viterbese, che sarebbero letteralmente diventati ''fantasmi''. La Regione, per chissa quale mistero dolorosissimo si è dimenticata di possedere. Quindi, chi ne usufruisce non pagherebbe un centesimo d'affitto.

Tutto ciò è potuto accadere dopo che l'allora governatore del Lazio Francesco Storace ''espropriò'' tutti i beni immobili e mobili da reddito originariamente appartenuti ai disciolti enti ospedalieri non utilizzati a fini sanitari, dislocati sull’intero territorio regionale, per trasferirli alla cosiddetta Comunione delle Asl del Lazio. 

Il patrimonio immobiliare era stato trasferito in proprietà ai comuni territorialmente competenti con la legge 833/78 che istituì il servizio sanitario nazionale.  Nel 1992, con la legge di riordino della disciplina in materia sanitaria, il patrimonio fu ritrasferito alle Asl. Infine, Storace dispose l'ulteriore trasferimento ''pro-indiviso'' alla Comunione delle Asl. La gestione finì così alla Gepra, una società controllata dalla Regione, travolta dagli scandali e sciolta alcuni anni dopo. Nell’ottobre del 2004 la Comunione delle ASL ha stipulato una convenzione per trasferire la gestione a Risorsa Srl, altra società controllata Sviluppo Lazio Spa. Ma anche Risorsa è stata sciolta.

In tutti quei passaggi, il patrimonio, oltre a essersi notevolmente assottigliato, è caduto nel più totale abbandono. Ora, il presidente Nicola Zingaretti ha nominato un commissario ad acta per eseguire una ricognizione dell'intero patrimonio. Ma per rimettere in ordine tutte le caselle e salvare il salvabile ci vorranno anni.





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