ANNO 14 n° 118
I facchini, il monumento, il maestro Paternesi
L'artista racconta la ''genesi'' della sua grande scultura in bronzo
e commenta il transito straordinario della Macchina in via Marconi
11/08/2014 - 00:00

di Andrea Arena

VITERBO - Una città è di chi la vive. Una città è di chi la rispetta. Una città è di chi ne onora le tradizioni, la storia. Una città è pure di chi la disegna, di chi vuole farne un posto migliore. Mercoledì 3 settembre 2014: la Macchina di Santa Rosa farà un giro strano, il solito percorso più una deviazione per via Marconi, da piazza del Teatro in giù, fino a piazza della Repubblica. Sosta. Girata. E di nuovo su, ancora verso piazza del Teatro e poi di corsa, per la salita, verso il Santuario, verso casa.

L'ultima volta fu nel 1952: allora era un'altra città, la festa era un'altra festa, e persino via Marconi non era ancora boulevard. In piazza della Repubblica, poi, non c'era nulla, mentre oggi c'è un momento grande e grosso, di bronzo. E' il monumento ai Facchini di Santa Rosa, inaugurato nel 2000 e realizzato dal maestro Alessio Paternesi. Proprio lì si fermerà la Macchina, di lato alla piazza, e sebbene i Facchini ci tengano a precisare che non si tratta di un'autocelebrazione (c'è da crederci: piuttosto, è un omaggio unico al riconoscimento Unesco), vale la pena raccontare la storia di questa stele, della sua genesi e della sua costruzione. Perché dietro la storia di ogni monumento - da quelli più antichi a quelli più recenti - c'è la storia di una città, la nostra. La voce è dello stesso Alessio Paternesi.

QUEL GIORNO A CANEPINA ''Undici dicembre 1994, sono a Canepina per un pranzo di beneficenza: è la festa della banda del paese, mi avevano invitato. Alla cantina di Santa Corona ci sono tutte le autorità, mi presentano, io sono in imbarazzo. C'è anche Nello Celestini, che allora era il presidente del Sodalizio dei Facchini. Quando sente il mio nome si alza in piedi e mi chiede davanti a tutti se voglio realizzare un monumento ai Facchini. Più tardi ne parliamo di persona: chiedo cos'hanno in mente, se c'è un budget, come intendono procedere. Ci lasciamo così, senza niente di definito, nonostante le insistenze di Nello, col suo carattere e col suo irresistibile modo di fare''.

COME NASCE UN'OPERA D'ARTE ''Eppure quel giorno mi aveva lasciato una curiosità dentro, un tarlo. Sono fatto così: se devo fare qualcosa ho bisogno di pensarci, di lasciare decantare l'idea. Comincio a interessarmi ai Facchini: grazie all'amico Carlo Cardoni conosco Quintaletto, e altri Facchini. Parlo con loro, è una specie di indagine personale: perché fate il Facchino? Cosa vuol dire essere Facchino? E la fede per la Santa? Scopro un mondo incredibile, fatto di persone vere, con passioni, riti, codici. E' una rivelazione. Tutto questo, più le insistenze di Nello, che erano continuate, mi convincono a realizzare il monumento. E quando mi sono messo a lavorare la matita scorreva da sola, come se realizzasse tutto quello che avevo accumulato in testa nei mesi precedenti''.

IL PROGETTO ''La mia idea era: esaltare Santa Rosa, e per questo Santa Rosa è in cima, lassù, simbolo della religiosità più forte, quella che tutti i viterbesi avvertono. Ma poi c'è l'uomo, la parte più bella dell'uomo che si esalta per la fede, cioé il Facchino. Volevo un monumento per i vivi, non per i morti, e infatti sulla cera sono incise le firme dei Facchini di allora, che ogni settimana venivano personalmente a scrivere i loro nomi, con lo stiletto tra le dita grandi e le mani generose: erano pomeriggi indimenticabili, di lavoro ma anche di festa. Dentro le figure c'è una struttura di acciaio leggero, che garantisce solidità alla struttura: la progettò l'ingengere Franco Leoncini. Ma prima ci sono stati i disegni, che portai a Nello e che ricevettero l'approvazione all'unanimità del Sodalizio e poi del consiglio comunale I Facchini mi dissero: va bene, andiamo avanti. E arrivò il bozzetto in bronzo, che fu esposto in una mostra alla Zaffera dal 1 al 20 settembre del 1995''.

LE POLEMICHE ''Intanto però era cambiata amministrazione comunale (da Fioroni a Meroi, ndr) e iniziarono i problemi, problemi sui quali non mi va di tornare, ma dico soltanto che su altre opere certe lagne non si sono mai sentite. Avevo le carte in regola, dal punto di vista artistico e di curriculum, per fare questo lavoro, erano stati i Facchini a volermi, eppure a qualcuno non andava bene lo stesso...'' Qui Paternesi è fin troppo signorile. Le cronache di quei giorni raccontano di critiche assurde, di accuse altrettanto assurde (anche dopo che il monumento fu realizzato e inaugurato), di strumentalizzazioni in perfetto stile viterbese, nel senso peggiore del termine. Alla fine i soldi per costruire l'opera arrivarono dalla Regione, grazie alla mobilitazione bipartisan dei tre consiglieri regionali (Allegrini, Daga e Simeone) che la Tuscia esprimeva allora. A febbraio del 1997 Paternesi iniziò a lavorare alla statua della Santa, prima in plastilina. Il 3 settembre dello stesso anno - una data che più simbolica non si può - ecco il via libera definitivo da Palazzo dei priori. Ma passeranno altri tre anni - e un altro sindaco, Gabbianelli - per vedere il monumento realizzato. L'assemblaggio della struttura vera e propria - realizzata dagli specialisti Ciorba e Cesarini, e col bronzo fuso nella fonderia Anselmi di Roma, una delle più importanti del mondo - inizia a maggio del 2000.

28 GIUGNO 2000 ''Quel giorno in piazza della Repubblica c'erano tutti i Facchini schierati, le autorità, il vescovo Chiarinelli, appena arrivato alla diocesi. E poi la gente: migliaia e migliaia di persone, fino al Sacrario e, nell'altra direzione, a piazza del Teatro. Voglio dire di più: nell'aria, sulla faccia delle persone, c'era lo spirito della festa di Santa Rosa, la sua essenza. Ricordo gli abbracci dei Facchini, che venivano da me e si commuovevano, e ci commuovevamo insieme... Un giorno indimenticabile''.

OGGI E DOMANI ''Da allora il monumento è lì. Mi dicono che i giovani lo usano come punto di riferimento, si seggono sul piedistallo, ci trascorrono le ore. No, non mi dà fastidio: un monumento è fatto per essere vissuto, non è uno spartitraffico né un luogo inacessibile. Prima, in quella piazza, non c'era nulla: ora c'è qualcosa'.

E il 3 settembre, lì, ci sarà ancora di più: ci sarà la Macchina, ci saranno i Facchini, ci sarà un'altra volta l'essenza di Rosa.





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