ANNO 14 n° 120
''Chiuso al buio in una stanza
senza vedere la luce del sole''
I racconti dei famigliari degli ospiti della casa di cura lager ''Il Fiordaliso''
23/11/2016 - 02:02

VITERBO – ''Alvino P. è mio fratello. Un ragazzo normale fino ai 18 anni di età, poi diventato totalmente incapace di intendere e di volere a seguito di un’operazione alle tonsille. Gliele strapparono da sveglio, per lui è stato un trauma talmente forte che non si è mai ripreso: da quel momento il suo comportamento è stato inspiegabile. Continui sbalzi di umore e disturbi relazionali. Era il 1960 e da quell’anno per lui si sono aperte le porte del manicomio''.

Prima un ricovero nel centro specialistico di San Nicolò di Siena, poi, a seguito della legge Basaglia che prevedeva la chiusura dei manicomi, continui trasferimenti in strutture affiliate alla Asl che lo aveva in cura. Fino all’arrivo, nel 2005, nella casa di cura gestita da Franco Brillo e suo figlio Federico. Oggi alla sbarra, assieme ai due dottori Ugo Gioiosi e Lucia Chiocchi, con le accuse di abbandono aggravato di incapace, somministrazione di farmaci scaduti, falso e appropriazione indebita.

''Non sapevo nemmeno che lo avessero trasferito a Castel Giorgio. Lo scoprii per caso chiamando la vecchia struttura – ha spiegato in aula, nelle oltre 2 ore e mezza di deposizione, Sergio P. – comunque ne presi atto. E nel mio periodo di ferie lo andai a trovare: da subito mi resi conto che nulla in quella struttura era adatto ad ospitare persone con disabilità. Mi fece impressione. Era un ambiente buio, cupo. E freddissimo: c’è un ricordo che non si cancellerà mai dalla mia testa. Quando entrai nella sala comune, non c’era alcun mobile. Solo una stufa attaccata alla parete. Tutti intorno anziani seduti sulle sedie a rotelle. Avevano le mani appoggiate sul piano semicaldo, nel tentativo di scaldarsi. Indossavano giacchetti e passamontagna. Una scena incredibile''.

E le tremende sensazioni dell’uomo, oggi testimone e parte offesa nel processo, si sono trasformate immediatamente in una denuncia alla Asl: ''Mi tranquillizzarono dicendo che avrebbero fatto dei controlli a sorpresa per verificare quanto stavo dicendo''. Controlli che effettivamente arrivarono, nel 2008, assieme ad un’ordinanza del tribunale di Orvieto che ordinava il sequestro della struttura per l’assenza delle necessarie autorizzazioni ad ospitare persone non autosufficienti.

Così un nuovo trasferimento: pazienti, cartelle cliniche e strumentazioni, tutto portato a Gradoli, nella clinica ''Il Fiordaliso'', gestita dagli stessi Brillo.

''All’apparenza sembrava davvero migliore: all’entrata c’erano tappeti, poltrone. Era tutto pulito – ha proseguito Sergio – quello che si nascondeva dietro questa facciata, però, lo scoprii un giorno, salendo in camera di mio fratello. Una stanza stretta e piccola, da condividere con un suo amico. Le tapparelle erano rotte, non entrava nemmeno uno spiraglio di luce. Stavano al buio. Ricordo che mi aspettavano sempre con ansia: portavo loro biscotti e succhi di frutta che mi chiedevano di nascondere''. Altrimenti non li avrebbero mai mangiati.





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