ANNO 14 n° 120
Solo Palazzo dei Priori può salvarla
Senza un impegno forte del comune capoluogo a rischio gli stipendi di febbraio
07/02/2015 - 01:00

di Roberto Pomi

VITERBO - Chi pagherà gli stipendi dei lavoratori Talete il 27 febbraio? Al di là dei piani di salvataggio della società, delle dichiarazioni di principio, c’è un problema cocente. Tutti i riflettori sono puntati sul Comune di Viterbo ma il protagonista non appare in forma. Il consiglio comunale di giovedì è stato un guazzabuglio terribile, dal quale si è usciti con un nulla di fatto.

La maggioranza è stata in grado solamente e con grande fatica di preparare un documento con tutte indicazioni di principio. Carta straccia per le banche a cui la società dovrà bussare per avere ulteriore accesso al credito. Accesso al credito che serve per riempire le buste paga dei 150 dipendenti e le spese correnti.

Momento cruciale è rappresentato dal consiglio comunale di giovedì prossimo. Per quella data c’è da augurarsi che la maggioranza di Leonardo Michelini, magari lavorando in sinergia anche con le opposizioni, sia in grado di presentare un documento solido. O una proposta di deliberazione che fissa azioni precise, un impegno vero da parte del Comune che detiene il 22% delle quote Talete e che riesca a incassare i voti del consiglio per essere approvata. O quantomeno un ordine del giorno capace di dettare una road map credibile.

Il Parca, piano di riorganizzazione e rilancio della società, fissa criteri che devono essere approvati nei consigli comunali. Tre sono le voci necessarie per salvare Talete: aumento del 28% delle bollette, ricapitalizzazione e garanzie fideiussorie. Queste le tre leve su cui i comuni devono agire. Ma al momento sono tutti fermi, tutti in attesa che Viterbo faccia il primo passo. E non può essere un passo fiacco come quello descritto nel documento presentato ieri dalla maggioranza. Non si può pensare che un documento dove si dà mandato al sindaco non di agire nella direzione del Parca ma di andare a parlare in Regione possa risolvere la situazione.

I buoni principi non si trasformeranno in bonifici sui conti correnti dei 150 lavoratori a pagamento del mese di febbraio. Ed è questo il primo problema stringente che, volenti o nolenti, brucia sulle mani di Palazzo dei Priori. Serve, prima di ogni altra cosa, capire quale tipo di decisione del comune capoluogo potrebbe convincere le banche a fare ulteriore credito. Altrimenti il caos e l’affossamento della società rischiano di essere davvero a un tiro di schioppo.





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