ANNO 14 n° 120
Moro, Fioroni verso la presidenza della Commissione d'inchiesta
18/11/2013 - 00:00

VITERBO – Con tutta probabilità sarà Giuseppe Fioroni il presidente della commissione d’inchiesta che, a 35 anni di distanza, dovrebbe fare luce sui misteri che ancora avvolgono il rapimento e l’assassinio del leader Dc Aldo Moro. Fioroni è stato infatti il primo firmatario della proposta di legge che ha ottenuto il sostegno di tutti i gruppi parlamentari della Camera. E, intorno al suo nome, sebbene la candidatura non sia stata ancora ufficializzata, si starebbe formando un consenso trasversale.

Ad allungare i tempi dell’istituzione della commissione d’inchiesta è però sopraggiunto un fatto paradossale: la commissione Affari istituzionali del Senato, in sede deliberante, il 12 novembre scorso, ha votato i principali articoli che prevedono la costituzione una Commissione Moro a carattere monocamerale. Praticamente un doppione di quanto sta facendo la Camera. Il commissari del Senato si sono però resi conto del pasticcio che si prospettava e hanno accantonato il voto sulla struttura organizzativa, che prevede, come quella della Camera, la presenza di 30 parlamentari, e  hanno rinviato la votazione finale che avrebbe reso esecutivo il provvedimento. Ora sono in corso contatti per unificare i testi in discussione nei due rami del Parlamento e arrivare all’istituzione di una Commissione bicamerale.

Ma nemmeno quest’ultimo ostacolo dovrebbe creare problemi alla nomina di Fioroni alla presidenza. Secondo quanto si è appreso, anche a Palazzo Madama, sul nome del parlamentare viterbese si starebbe formando un ampio consenso.

Novità sul caso Moro sono in arrivo anche sul fronte giudiziario: ei prossimi giorni, l'inchiesta aperta dalla Procura di Roma sulle dichiarazioni dell'ex brigadiere della Guardia di Finanza Giovanni Ladu finirà sul tavolo del procuratore di Novara Francesco Saluzzo.

Ludu, residente nella città piemontese, è indagato per calunnia in quanto avrebbe falsamente accusato i vertici istituzionali dell'epoca di non aver voluto liberare Aldo Moro pur conoscendo il luogo dove era tenuto prigioniero dalle Brigate Rosse. L'intera vicenda nacque nel 2008 proprio a Novara, quando Ladu, allora in servizio al Comando provinciale delle Fiamme Gialle, confidò a un collega di avere notizie a suo dire importantissime sul sequestro e all'uccisione di Moro.

Le dichiarazioni divennero parte di una relazione di servizio che il collega di Ladu consegnò nella mani del procuratore Saluzzo, da poco arrivato a Novara. Per Ladu, i vertici politici e militari dello Stato sapevano dov'era rinchiuso il leader democristiano e che un blitz per liberarlo venne bloccato all'ultimo minuto.

Il procuratore ascoltò alcune volte Ladu e poi trasmise ai colleghi romani il fascicolo per competenza. Quell'inchiesta venne poi archiviata dal gip di Roma, che accolse la richiesta della Procura.

Successivamente, il pm romano Luca Palamara, informato di una serie di mail contenenti altre presunte rivelazioni, firmate da un sedicente ex ufficiale dell’Esercito Oscar Puddu e indirizzate all’ex giudice Ferdinando, ha aperto un nuovo fascicolo. Ma i carabinieri del Ros hanno scoperto che dietro lo pseudonimo Puddu si nascondeva lo stesso Ladu. Ovviamente, nemmeno le presunte nuove rivelazioni hanno trovato alcun riscontro, tanto che l’ex brigadiere della Finanza è stato iscritto registro degli indagati per calunnia.

Secondo l'accusa avrebbe falsamente incolpato, ''sapendoli innocenti, i vertici istituzionali e militari nonché le autorità di polizia giudiziaria dell'epoca, di essere stati a conoscenza del luogo nel quale l'onorevole Moro era tenuto ostaggio da parte delle Brigate Rosse''. Il fascicolo, per competenza, tornerà ora a Novara, da dove tutto era partito e dove Ladu risiede.





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