ANNO 14 n° 119
Dimessa dal pronto soccorso, muore a casa: per Aurora ''una visita poco accurata''
Ma i medici legali aggiungono: ''Impossibile stabilire rigorosamente se una più approfondita gestione medica avrebbe potuto annullare il rischio di morte''
07/07/2020 - 06:53

MONTEFIASCONE - Aurora Grazini morì a 16 anni stroncata da un’acuta insufficienza cardio-respiratoria nel suo letto. A metterlo nero su bianco i consulenti che nei giorni scorsi hanno depositato in procura l’autopsia. Oltre cento pagine di relazione in cui i dottori incaricati dal pm Eliana Dolce, hanno cercato di fare chiarezza sulle ultime ore della 16enne di Montefiascone morta lo scorso 15 febbraio.

Entrata in ospedale il giorno prima e dimessa con ''la sola prescrizione di una visita specialistica da parte della neuropsichiatra infantile, fissata per il successivo lunedì’’, Aurora morì poche ore più tardi, intorno alle 8:15 del mattino successivo a casa sua. Per il dottore che la visitò si sarebbe trattato di uno ''stato d’ansia reattivo'', per cui le avrebbe somministrato delle semplici gocce calmanti e la avrebbe dimessa.

Sul caso la procura di Viterbo ha aperto un fascicolo per omicidio colposo: nel registro degli indagati il dottor Daniele Angelini, l’allora responsabile temporaneo del pronto soccorso di Belcolle. Per la pm Eliana Dolce, titolare delle indagini, la ragazza, arrivata in pronto soccorso con difficoltà respiratorie, sarebbe stata sottoposta ad una visita lampo e poco accurata.

''L’anamnesi risulta essere stata effettuata in maniera poco approfondita – scrivono i dottori Remo Orsetti, Vincenzo Arena, Maria Chiara David e Benedetta Baldari nella relazione - non consentendo il riconoscimento e la puntuale segnalazione di eventuali patologie mediche e chirurgiche pregresse''. Secondo quanto sottolineato dai consulenti, la sintomatologia respiratoria, che aveva reso necessario il trasporto in ospedale, non sarebbe stata indagato o quantomeno ''non in maniera accurata''. ''Non risultano – scrivono - approfondimenti clinici, di laboratorio o strumentali, volti ad indagare la genesi della sintomatologia respiratoria''.

''Non risulta inoltre che il sanitario abbia analizzato accuratamente il riscontro di un valore di frequenza cardiaca pari a 118 battiti al minuto (indicativo di tachicardia) che avrebbe dovuto essere indagato almeno con l’elettrocardiogramma''.

''Le criticità suddette – proseguono i medici – non sono conformi alle buone pratiche clinico-assistenziali e, pertanto, sono censurabili in quanto integranti profili di colpa''. Non solo non avrebbero tenuto conto della riferita sintomatologia respiratoria, né della tachicardia, ma neppure dell’eccessiva magrezza della 17enne, che avrebbe meritato un tempestivo intervento con esami clinici e strumentali.

''Pur ravvisandosi elementi di condotta non conformi alla buona prassi, non volti alla comune diligenza medica e come tali censurabili in quanto integranti profili di colpa – tuttavia – concludono - riteniamo che non sia possibile rigorosamente stabilire che anche una diversa, più approfondita e accurata gestione medica, avrebbe potuto far giungere i sanitari ad una diagnosi foriera di abbattimento o annullamento del rischio letifero''. Impossibile quindi dire con certezza se quella tragedia poteva essere evitata.

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