ANNO 14 n° 120
Morto per botulino, oggi l'addio a Rocco
Sull'intossicazione che ha provocato la morte del 26enne parla l'esperta
29/10/2017 - 06:58

VITERBO – La città intera si prepara a dire addio a Rocco de Pace. Questo pomeriggio, alle ore 15 nella chiesa di Santa Maria della Verità, si celebreranno i funerali dello studente 26enne morto nella notte tra venerdì e sabato dopo una lunga ed estenuante battaglia contro una grave intossicazione da botulino.

Il ragazzo, originario di Viterbo, era stato ricoverato nell’ospedale Santa Maria della Misericordia di Perugia lo scorso 18 giugno assieme ad un suo coinquilino leccese: entrambi, dopo aver consumato una cena a base di prodotti fatti in casa, si sarebbero presentati al pronto soccorso accusando forte nausea, febbre e dolori addominali.

E i sospetti dei medici, dopo attente analisi ed esami, si sarebbero trasformati tristemente in realtà: per entrambi una grave intossicazione da botulino, un batterio anaerobico che può annidarsi all’interno di cibi mal conservati.

Le condizioni dei due giovani, coinquilini in un appartamento di Monteluce, sono apparse da subito critiche: ricoverati entrambi nel reparto di rianimazione dell’ospedale Santa Maria della Misericordia, sono rimasti a lungo in coma, facendo fallire i numerosi tentativi dei medici di risvegliarli.

Poi finalmente il miglioramento del 21enne leccese, dimesso lo scorso 13 agosto. Mentre per Rocco il trasferimento nell’ospedale viterbese, per affrontare un ciclo di terapia riabilitativa. Un trasferimento che aveva fatto ben sperare. Famigliari e amici si erano aggrappati con tutte le loro forze all’illusione che Rocco ce la potesse fare, ma a distanza di due mesi, lo straziante addio.

Il cuore del 26enne ha smesso di battere, dopo una lunga battaglia nei letti di ospedale, nella notte tra venerdì e sabato. Per la famiglia si tratta del secondo grave lutto dopo la morte qualche settimana fa del papà di Rocco Ciro De Pace, ex docente di genetica agraria dell’università della Tuscia.

Intanto parla l'esperta. ''Il botulismo – spiega la professoressa Antonella Mencacci, responsabile della struttura complessa di Microbiologia dell’Azienda ospedaliera di Perugia, ospedale dove è stato ricoverato in un primo momento Rocco De Pace – è una rara, ma gravissima malattia causata da un veleno prodotto da un batterio: il Clostridium botulinum (dal latino botulus, salsiccia). Le spore di questo batterio sono ovunque, nel suolo o nell’acqua, e sono estremamente resistenti a varie condizioni, come i raggi ultravioletti o la bollitura a 100°C. Le spore sono distrutte solo dalla sterilizzazione con strumenti specifici come le autoclavi di laboratorio. In un alimento, in assenza di ossigeno (insaccati o nelle conserve sott’olio), di un sufficiente grado di acidità e di una adeguata refrigerazione, le spore eventualmente presenti si trasformano in cellule batteriche capaci di replicarsi e produrre il potente veleno: la tossina botulinica. Questa tossina, che può essere inattivata solo dalla cottura dell’alimento, è inodore, insapore e incolore e, dopo l’ingestione, viene assorbita a livello intestinale e raggiunge il suo bersaglio a livello delle terminazioni nervose (giunzione neuro-muscolare), impedendo ai nervi di trasmettere l’impulso nervoso ai muscoli, generando così una paralisi flaccida, con assenza completa di contrazione muscolare. Il botulismo consiste infatti in una grave paralisi discendente (dai piccoli muscoli della faccia a quelli degli arti inferiori), simmetrica (destra e sinistra insieme) e progressiva''.

''Ciò - prosegue la professoressa Antonella Mencacci - è dovuto al fatto che la tossina si lega in modo irreversibile al bersaglio e agisce per un lungo periodo di tempo, fino a che non si rigenerano nuove terminazioni nervose, cosa che può richiedere mesi o anni. La gravità della malattia, proporzionale alla quantità di tossina ingerita, è legata alla paralisi dei muscoli respiratori per cui i pazienti possono sopravvivere, in assenza di complicazioni, solo grazie alla respirazione assistita. La diagnosi di questa malattia è prima di tutto clinica e poi confermata da test di laboratorio, eseguiti in strutture di riferimento, che dimostrano inequivocabilmente la presenza della tossina botulinica nell’alimento sospetto e nei campioni biologici dei pazienti''.





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