ANNO 14 n° 117
Punk forever, A vent'anni non si sbaglia mai
>>>>> di Massimiliano Capo <<<<<
11/11/2013 - 04:00

di Massimiliano Capo

A vent’anni non si sbaglia mai, o quasi. A dieci non si sbaglia mai, punto. In mezzo ci si innamora perdutamente e si sta male il giusto quindi si sbaglia bene.

Dopo sono mediamente cazzi.

Ecco, stamattina mi sono svegliato così. Come al solito ad un’ora troppo prossima all’alba e con quel senso di forza e salute che solo un Moment sa dare. Benessere chimico dopo due notti a far tardi e pure in piedi perché mi ostino ad andare in giro a mettere in fila le canzoni. Questo è il prezzo del tempo che passa.

Comunque, oggi, ordine della redattrice fashion blogger, io devo scrivere di cucina.

A modo mio e nello stile di questa rubrichina. Che si chiama punk perché ci posso scrivere di quello che voglio senza necessariamente capirci qualcosa.

Anzi soprattutto senza capirci qualcosa, perché se qualcosa ho capito della vita, almeno della mia, è che ho una passione vera solo per le cose che hanno un forte tratto di improbabilità, di inutilità, di assoluta gratuità.

Quelle cose che si fanno tanto per fare come nel titolo di un vecchio romanzo che mi è tornato in mente scrivendo: l’amore tanto per fare e che io trovo bellissimo proprio perché oltre a fare l’amore non c’è altro.

Tornando a noi. Mi risveglio e, riflesso ormai condizionato, all’apertura dell’occhio e alla vista della pallida luce della mattina presto, il braccio si allunga fuori dal piumone prudente e anchilosato, la mano cerca tra i libri impilati sul comodino vicino e come sempre qualcosa cade, e finalmente le dita, ancora addormentate, palpano la gommosa superficie della cover e il benedetto iphone comincia il suo sporco lavoro.

Primo sguardo alle notifiche notturne tra facebook e wotsup e poi,piccolo Joyce etrusco, comincio a prendere appunti dei pensieri del dormiveglia.

Perché come spesso mi accade, io queste righe le scrivo in quello stato di lucida incoscienza che sta lì, tra il sonno e la veglia. E così butto gli appunti presi ieri che mi sembravano due palle enormi, senza ritmo, senza cuore, insomma non mi piacevano, e ricomincio.

Allora, la redattrice fashion blogger vuole che parli di cucina? E cucina sia. Anche perché a me cucinare piace,anche se, parafrasando il vecchio Hank Bukowsky, io cucino solo per portarmi a letto le ragazze. Per me, se son solo, scatolette e bustine di cibi più o meno di plastica.

E visto che di ragazze e letto si parla e di dare la ricetta del brasato al barolo, che è uno dei miei pezzi forti, non mi vaperché i segreti del cuoco sono come quelli del cuore e si confessano solo al proprio amore, io è proprio di amore che voglio continuare a parlare.

A pensarci bene, mettere insieme un bel piatto e amare e fare l’amore si dice con le stesse parole: perché entrambi vogliono attenzione, dedizione, curiosità, fantasia, desiderio e un po’ di perversione.

Insomma,quella cosa, misteriosa, indefinibile, inscrivibile, che tiene bene insieme cacao e carne di maiale come un tacco 12e un paio di manettine con la pelliccetta fucsia.

Quella cosa che è la magia degli incontri ben riusciti e a cui si può solo girare intorno andando oltre quella attitudine un po’ sciocca che noi umani abbiamo a dover tener tutto dentro una definizione rassicurante, di dover dare un nome a tutto quasi fossimo dio, quando è molto più interessante il ‘da’ ‘a’, il percorso, l’accidente lungo il cammino, l’apertura che il solo decidere di mettersi in moto genera, rispetto alla meta.

Ecco, io con le mete ho qualche problema.E anche con gli scopi. E forse anche con i progetti troppo ingegnerizzati. Sarà che mi è sempre piaciuto Leopardi, che era un tipo che ci hanno fatto sembrare triste e sfigato e che si faceva solo le seghe pensando alle sue ragazzine dai capelli rossi manco fosse Charlie Brown, ma a me quella lucida cruda disincantata visione del mondo, così aperta alla vita, ecco a me Leopardi mi ha messo al riparo dal prendere troppo sul serio tutto. Forse l’ho letto male, ma a me Leopardi mi è sempre sembrato un mezzo paraculo in un mondo di stronzi che lo trattavano come uno sfigato. E lui lì a vendicarsi scrivendo meraviglie. E a farci scoprire che quelli erano proprio degli stronzi e che le ragazzine dai capelli rossi non sapevano cosa stavano facendo e che quel mondo non è l’unico mondo possibile e forse nemmeno il migliore.

E che siccome il mondo siamo noi, così come la storia, magari mettendosi lì e volendoci un po’ più bene forse scialleremmo tutti con più gusto.

Come sempre divago, e col piccolo Giacomo divagherei ancora, ma non sono qui per questo.

Oggi sono il Vissani dei sentimenti.

E allora riparto da qui: dalla canzone ricetta più famosa della storia della canzone italiana. A noi che abbiamo un’età ci ha sfracassato le palle, e in parte la vita, per le lunghe esegesi notturne tra maschi alla ricerca di un senso per l’ennesimo no ricevuto; agli altri più giovani forse è arrivata in qualche compilation ma insomma quasi tutti conoscono Teorema di Marco Ferradini, quella che comincia con ‘’prendi una donna, dille che l’ami, scrivile canzoni d’amore, mandale rose e poesie, dalle anche spremute di cuore’’ per concludere che così per certo ti lascerà e allora la devi trattar male e allora di sicuro lei ti amerà e poi però si scopre che chi parla è un suo amico appena lasciato e che lui, Ferradini, invece alla fine, come in ogni storia politicamente corretta, gli da il consiglio giusto, quello che sa di sfiga e dolore come la minestrina col burro.

E qual è il geniale consiglio? Che chiusa una porta si apre un portone. In mezzo, omette il saggio Ferradini, sono però solo cazzi amari e bestemmie.

E mentre pensavo a questa cosa mi è venuto in mente Jackson Browne, il mio cantante preferito di sempre, e mi torna in mente perché Ferradini lo ha citato in una canzone, e Brother Jackson ha scritto una delle più belle canzoni di sempre sulla fine di un amore.

La canzone si chiama Late for the sky e sta pure nella colonna sonora di Taxi Driver.

E racconta di come ci si può improvvisamente svegliare un mattino e non riconoscere più il volto dell’altro, del nostro amore di otto ore prima, di vederlo scivolare via senza che nessuna delle tante parole dette possa fermarlo. Senza che nessuna delle cose fatte insieme serva più a tenerci insieme.

Insomma, l’abbiamo provata tutti questa cosa. Ma sentirla cantare così, io mai.

E poi ancora ho pensato ai biglietti dentro i Baci Perugina, a quelle citazioni che sembrano sempre che parlino a te appena le hai per le mani, che rimani lì col Bacio in bocca e la cioccolata che ti ha sporcato le dita e ti dici ‘cazzo ma questo sono io’ perché le frasi dei cioccolatini sono così. Le scrivi tu mentre pensi a cosa vorresti leggere e allora loro compaiono e poi tu mangi il cioccolatino e se sei triste torni un po’ felice e se sei felice ingrassi che è una favola.

Non sono sicuro che sia proprio così in realtà, anzi non lo ero, ma dopo aver letto questa cosa di Jodorowsky appena sveglio, comincio a crederci: ‘L’universo ha un disegno perfetto: tutto quello che accade è perfetto sia nel bene che nel male.’ Che fa il paio con un’altra sua cosa: ‘niente è come sembra’.

Potrebbero metterle entrambe nei Baci e ci starebbero benissimo e magari già ci sono ma io sono a dieta e di Baci non ne mangio.

Spazio finito, buon pranzo e ascoltate il nuovo disco de I Cani che si chiama Glamour. Dice più cose del miglior libro sulla vita mai scritto fino ad oggi e lo dice con una bella musica sotto.

E piace pure a Irene Selbmann. E punto.





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