ANNO 14 n° 117
Avrei voluto scrivere la storia sfigata degli anni Ottanta, invece...
>>>>>di Massimiliano Capo<<<<<
16/09/2013 - 02:41

di Massimiliano Capo

Bene, comincio la giornata così.

Apro l’ipad e scorro i post dei miei amici su feisbuc e primo della lista come spesso accade perché ha orari sballati tipo i miei è quello di Federico (lo trovate qui, chiedetegli l’amicizia, ne vale la pena: https://www.facebook.com/fmeschini). Di solito racconta le sua notturne avventure di buttafuori part time nelle discoteche della zona a cui associa il ruolo di ricercatore universitario su una strana cosa che in sintesi è come si fa cultura, con che mezzi e in quali modalità oggi che è tutto cambiato e sembriamo protesi di un computer e non il contrario come si poteva immaginare qualche anno fa. E quindi talvolta racconta anche di cose universitarie.

Insomma questo Federico professore e forzuto operatore della sicurezza nelle notti viterbesi stamattina ha postato una di queste sue piccole storie ironiche che però aveva la forza, diciamo così zen, di dire una verità assoluta. Così assoluta, almeno per me, che mi è sembrata un’illuminazione; hai presente una di quelle cose che avresti voluto sempre dire in quel modo e non ci sei mai riuscito e la leggi e dici cazzo è così proprio così? Beh, era ed è così proprio così che eccola:

Esami 1
'Signorina mi dia il libretto per piacere così verbalizziamo... Ah si è trasferita da un altro corso.'
'Sì, prima studiavo Chimica.
Avevo dato diversi esami e non è che mi dispiacesse ma sa, un conto sono le cose interessanti, un altro quelle che ti rendono felice'
'Sa una cosa, a parte due stupidaggini sulla Macchina di Turing dubito di poterle insegnare qualcos'altro...'

La verità assoluta, almeno per me, è alle righe quattro e cinque. E non credo ci sia da aggiungere molto.

E siccome tra le cose che mi rendono felice ci sono le storie sfigate sugli anni ottanta ora ne butto giù una. Anzi vorrei scrivere addirittura un’ode agli anni ottanta. A quello sconsiderato e vitalissimo vivere come se tutto non avesse mai fine. E parlo di tutto tutto: dalla fica sognata e mai nemmeno annusta al calcio alle quotazioni di borsa sul manifesto alle adidas stan smith che forse erano pure anni settanta alle gite al lago col sì e col boxer al pullman per andare al mare alla discoteca che apriva alle 11 e chiudeva alle 2 di notte allo shampoo campus alla mela verde alla televisione a colori all’Italia campione del mondo al montone alle timberland alle cross alle giacche stone island ai maglioni cp company al maglione legato in vita ai rayban agli occhiali specchiati a energie a roma ai maglioni blu a righe bianche di vadim allo zuccotto di lana alla camicia a righine alle polo da tennis alle racchette in fibra alla musica punk alla disco che era già revival a Frigidaire a Frizzer a Vomito alle prime cose scritte agli amici alla pizza insieme alle settimane bianche alle gite del liceo agli alberghi smontati ai concerti alle feste di diciottanni agli occhi blu sulla spiaggia ai culi sodi alle tette dritte al profumo dei pitosfori alle risate senza chimica al gelato a Bagnaia alle scuffiate in barca a vela alle scarpe perse in mezzo al lago alle feste di capodanno mai raggiunte alla cinquecento della mamma alle vasche al corso alle settimane bianche estate e inverno alle mattine all’underground agli style council a tutta la musica post rock cacacazzo degli anni settanta al buondì con la nutella alle prugne secche ai pomeriggi al corso a Roma alle canzone degli squallor alle visita per fare il militare ai romanzi di Tondelli a Linus ad Alter Alter a L’Eternauta alla new wave e al punk inglese al ciambellone della nonna ai biscotti fatti in casa alle paste la domenica mattina al muretto a piazza Crispi alla messa la notte di Natale.

Insomma, volevo scrivere questa storia sfigata sugli anni ottanta facendo un mix di tutte le cose qui sopra e invece proprio mentre comincio a scrivere mi scrive una mia amica di feisbuc e mi distrae e allora le dico che sto provando a scrivere ‘sta storia sfigata e lei mi dice ma perché non scrivi su di me che sono una tua amica di feisbuc su come ci siamo conosciuti su come ci si conosce spesso adesso e come non era così prima che ti dovevi incontrare per forza tipo ai tempi tuoi come se fossi di neanderthal e invece adesso tipo noi che non ci siamo mai parlati davvero anche se siamo tutti e due di Viterbo e ci siamo pure visti in giro ma non lo sapevamo che eravamo noi perché era prima che diventavamo amici su feisbuc e poi abbiamo ricollegato e sì ci siamo visti ma dove ah sì, lì e poi lì ma allora anche qui e poi conosci quello e poi conosco quella e poi cazzo conosci mio cognato sì ci compro le cose buone e poi strano come adesso si conoscono le persone e in chat magari si diventa più in confidenza che nella vita ci vorrebbero anni e anni e manco sei sicuro che alla fine ci diventi e poi si dicono le cose che non diresti mai almeno non subito e poi ci si scambiano le cose tipo i film che vedi e la musica e le cose da leggere e ti sembra strano se la mattina non ti scrivi se non ti dici buongiorno se non ti dai la buonanotte e ti manca la finestra che si apre e dice plonf c’è un nuovo messaggio e tutto questo senza che nemmeno hai sentito mai la voce e gli odori e i colori solo quelli delle foto che non sono mai quelli della vita che non c’è cosa più finta e falsa e perciò stesso bella di una foto e soprattutto di quello che in una foto non c’è cioè la vita intorno.

Perché a me di una foto piace quello che non c’è e invece c’era. E te lo immagini come ti pare. E ci fai un viaggio e allora sta cosa fica che hai pensato la dici alla tua amica di feisbuc e lei ti dice fanculo io voglio il titolo di un film d’amore che si soffre come un cane a vederlo e si piange e poi si vuole far l’amore per far smettere le lacrime e invece ti giri e sei sola e allora piangi due volte perché l’amore non ce l’hai sennò non vedevi il film strappalacrime e scopavi direttamente senza nemmeno perdere tempo e ridevi e sticazzi del resto e basta con questi discorsi filosofici sulla verità nell’arte e basta anche con i film in bianco e nero e con le menate sulle porte chiuse e i portoni aperti e allora parliamo del tempo che non c’è niente di meglio per non incartarsi con una amica di feisbuc che parlare del tempo e di come non ci sono più le stagioni di una volta e poi lei la tua amica di feisbuc le stagioni di una volta non se le ricorda perché una volta, la mia volta, non c’era e nemmeno era nata e allora via che glielo racconti e ricominci con l’elenco di prima e glielo sciorini tutto finchè immagini che stia per svenire a sentire l’elenco delle cose che nemmeno al museo delle cere.

E tutto per un like sotto una foto e una faccina a sorriso per ringraziare e un mi fai morire in risposta che apre un mondo di possibili conversazioni e allora via, verso nuove avventure.

E insomma, la storia sfigata degli anniottanta non è uscita, il mini saggio su come ci si conosce oggi invece sì.





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