ANNO 14 n° 119
''La convivenza delle suore è possibile''
Il sindaco rilancia l'idea dei due ordini nello stesso monastero
11/12/2015 - 02:01

di Andrea Arena
e Roberto Pomi
 

VITERBO – Se solo qui ci fosse un Camilleri, questa sarebbe una storia da Camilleri. Tipo Le pecore e il pastore (Sellerio, naturalmente, 2007). Invece visto che abbiamo ognuno i pastori che ci meritiamo, questa rischia di diventare soltanto una grande sofferenza, ma senza resistenza. Perché è difficile immaginare non solo un viterbese che si lasci morire per difendere le clarisse di Santa Rosa, ormai destinate ad essere trasferite altrove; no, qui non si troverà neanche un viterbese pronto ad innalzare una sola, piccola barricata. Il nimby, il non nel mio cortile, vale ormai soltanto per le Tav e le Trasversali, per gli aeroporti e i radar degli americani. Tutto il resto, anche i soprusi, sono schermaglie di retroguardia, senza palcoscenici mediatici.

Le clarisse se ne vanno? Ce ne faremo una ragione. Per primi, quelli del consiglio comunale, che staranno sì lavorando ad un ordine del giorno bipartisan (lo redige Paolo Simoni di Oltre le mura), ma coi tempi che hanno in sala d'Ercole, campa cavallo e sorella crepa. L'unico che sembra essere pronto alla battaglia è il sindaco Leonardo Michelini, che ieri proprio in consiglio ha confessato – il termine è perfetto – tutto ciò che aveva già detto in passato a Viterbonews24. Tutte le azioni cioè intraprese da Palazzo dei priori per scongiurare il lungo, e triste, addio: ''Ho scritto al Papa, al cardinale Parolin, ai vertici del Vaticano. Ho avuto incontri ad alto livello coi prelati, recandomi in San Pietro con la mia auto personale per non destare chiacchiere, ma credo che l'addio delle clarisse sia inevitabile. A meno che non subentri il buonsenso''. Già, il buonsenso: chissà se nelle altissime sfere (non così alte, però ci siamo capiti) il concetto sia ancora valido, tra Vatileaks e Giubilei vari.

Comunque oggi Michelini, ancora a Viterbonews24, rinnova il suo invito a scambiarsi un segno di pace: ''Ciò che rappresentano le clarisse per questa città, questa popolazione, la storia, la fede, la tradizione, la cultura e l'empatia, è immenso – scandisce il sindaco – Loro, custodi da oltre 700 anni del corpo della nostra Santa patrona, hanno un legame inscindibile con Viterbo. E io mi trovo a ribadire la mia umilissima, per quanto convinta, proposta: nel monastero c'è spazio per tutti, non bisogna pensare ad una sostituzione con le sorelle di un nuovo ordine (le alcantarine, ndr) che arriveranno, semmai ad una convivenza. Che avrebbe una doppia valenza. Quella ambientale, visto che le clarisse potrebbero essere utili a far ambientare, non solo in senso logistico ma anche in quello empatico, appunto, le consorelle nella nuova cornice in cui si troveranno a vivere. Ma potranno anche dare un segnale di continuità, di sorellanza, ai cittadini che rischiano di venire sconvolti da questo cambiamento epocale''. Sconvolte pure le sorelle, visto che la badessa suor Annunziata si limita a rispondere con cortesia al cronista di Viterbonews24: ''Mi dispiace, fratello, ma non posso dare spiegazioni. Un saluto da Santa Rosa''.

Ci sarebbe anche la questione del tesoro di Santa Rosa, e qui apriamo la parentesi. ''Tesoro'' non è soltanto una di quelle iperboli giornalistiche. Stiamo parlando di migliaia di pezzi, dal 1200 al 1900. C’è di tutto: quadri, anche di pittori di pregio, calici d’oro e gemme e paramenti sacri. Senza considerare i preziosi documenti cartacei: dai diari delle suore dal 1200, preziosi contenitori d’informazioni di storia, alle lettere di Federico II di Svevia. Roba che vale milioni di euro. E' in corso un'indagine della Procura, e l'archiviazione dei reperti non è ancora concluso. Ciò vuol dire che se qualche oggetto dovesse smarrirsi (o essere sottratto: perché al giorno d'oggi non c'è da stare mai tranquilli, signora mia), sarebbe davvero difficile venirlo a sapere. Di qui, la seconda proposta di Michelini, sempre sommessa: ''Sarebbe il caso che le clarisse rimanessero a Viterbo almeno fino alla fine della catalogazione. Questo perché una memoria storica sarebbe fondamentale nella delicatissima opera di ricostruzione del patrimonio dedicato a Santa Rosa, per preservare una ricchezza unica e destinata ad essere tramandata ancora per secoli''.

Questo il succo. Sul dibattito in aula (con segnali d'intesa dalla minoranza, a partire da Giulio Marini e Luigi Buzzi, ma anche con superficiali se non triviali commenti dalla maggioranza) meglio glissare con eleganza, anzi con misericordia.





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