VITERBO – ''Il signore degli inerti'', tutto prescritto. Dopo anni di rinvii, rimbalzi e cambi di giudici, ieri mattina è stato messo un punto all’intera vicenda. Nessun colpevole, nessuna condanna o assoluzione. Solo un fascicolo morto, per i troppi anni sprecati.
La vicenda risale al 2009, quando quattro persone finirono in manette per il presunto traffico e smaltimento illeciti di rifiuti nel sud della provincia. Nel mirino della procura, l’imprenditore Leonello Di Giovenale, titolare della società Ecoservice che gestiva la discarica di Civita Castellana, in località Sant’Agata. Accanto a lui, i suoi due dipendenti Stefano Riganelli e Samuele Versani e un imprenditore umbro, Massimo Dolciami, per il quale però il processo non è mai iniziato. Per lui una tragica fine: morto suicida il 29 febbraio 2012, è stato ritrovato carbonizzato nella sua auto, un’audi A6.
Ieri davanti al giudice Silvia Mattei, sulla cui scrivania il fascicolo del processo è arrivato per la prima volta, non si è potuto fare altro che dichiarare la prescrizione per tutti i reati ascritti agli imputati. Truffa, falso e smaltimento illecito di rifiuti pericolosi. In grande quantità. Per il pm Tucci e D’Arma si sarebbe trattata di decine e decine di tonnellate di materiale proveniente per la maggior parte da Roma Nord. Sono i primi anni del 2000. Sono gli anni degli scavi per la costruzione della terza linea metropolitana della capitale, la B1, e proprio da lì sarebbe arrivati i più grandi carichi di rifiuti che l’Ecoservice avrebbe dovuto smaltire: più di 400mila tonnellate di fanghi di perforazione che magicamente sarebbero stati classificati come non pericolosi per arrivare fino all’azienda civitonica. Ma non solo, molti i carichi provenienti dalla bassa Toscana e dalle aziende di costruzione di Civita Castellana.
Ma ieri è crollato tutto come un castello di carta: la prescrizione ha messo un punto all’intera vicenda. Per gli imputati potrebbe essere la fine di un incubo che per anni li ha visti protagonisti, per le parti civili, invece, un’amara conclusione. La Regione Lazio, Roma Metropolitane e il ministero dell’ambiente rimarranno a bocca asciutta.