ANNO 14 n° 117
Giallo Gradoli - ‘’Credo ancora nella giustizia’’
Paolo Esposito, in carcere dal 1° luglio 2009, è teso e provato ma non molla e confida nei giudici della Cassazione
14/11/2013 - 01:21

di Alessia Serangeli

VITERBO – “Ho perso tutto. Libertà, dignità e affetti. Da quattro anni e mezzo non ho alcun tipo di contatto con il mondo esterno, chiuso in una cella da innocente. Penso spesso ai miei poveri genitori, ormai anziani, e a quello che hanno subito. Ma il dolore più grande, quello che mi lacera il cuore, è essere stato privato dei sorrisi di mia figlia’’.

A parlare, da una cella del penitenziario viterbese dove è recluso dal 1° luglio 2009, è Paolo Esposito, l’elettricista di Gradoli condannato all’ergastolo in secondo grado per l’omicidio della compagna Tatiana Ceoban e della figliastra Elena. “Per me era come una figlia. L’ho cresciuta e le volevo bene. Non c’è giorno in cui non pensi a lei”, dice.

La detenzione e i ripetuti scioperi della fame che ha fatto come forma di protesta per vedere la piccola Erika, sua figlia, l’hanno provato. E molto. Ma non ha perso la speranza.

“Non vuole arrendersi per la sua bambina”, ha spiegato l’avvocato Enrico Valentini, che ha impugnato il decreto del tribunale dei minori in cui dichiara Esposito decaduto dalla potestà genitoriale. I magistrati romani, già a maggio, avevano vietato gli incontri: papà e figlia non si vedono dal 29 novembre 2012. Per il legale si tratta dell’ennesima ingiustizia, l’ultima di una lunga serie riassunte ad una ad una in circa quaranta pagine di ricorso alla Corte d’appello minorile di Roma. Comprensivo anche di immagini fotografiche realizzate da Valentini in persona durante la fase delle indagini difensive. “Le disposizioni del tribunale dei minorenni sono state completamente disattese”, spiega mostrando gli scatti. “Ecco la nonna materna (Elena Nekifor, ndr) a passeggio con la bambina, da sola, mentre gli incontri avrebbero dovuto svolgersi sotto la presenza degli assistenti sociali”. Non solo: il 6 settembre 2010 viene tolta la custodia ai nonni paterni (Maria Lorenzin ed Enrico Esposito) perché avrebbero potuto influenzarla e la piccola Erika viene trasferita a Bologna ed affidata ad una conoscente della nonna materna. “Due pesi e due misure: mi pare che anche la posizione della Nekifor fosse delicata e presentasse conflitto di interessi, visto che la figlia minore Ala Ceoban era imputata per l’omicidio della sorella e della nipote”. L’avvocato, nel ricorso, ha chiesto la nomina di un altro tutore e una nuova consulenza da parte di esperti.

Ma, adesso, l’attenzione del collegio difensivo è tutta incentrata sulla giornata di domani, quando si svolgerà l’udienza davanti alla Corte di Cassazione. E, in un verso o nell’altro, il “giallo di Gradoli” sarà concluso in maniera definitiva. (Forse).

Ad aprire la seduta, che inizierà alle 9, sarà il relatore che illustrerà a grandi linee tutta la vicenda – dalla scomparsa delle due donne datata 30 maggio 2009, alla pista dell’allontanamento volontario, fino alla condanna in primo grado degli amanti diabolici e alla sentenza d’appello che conferma il carcere a vita per Esposito ma non per Ala, cui vengono inflitti 4 anni e mezzo solo per il favoreggiamento e l’occultamento dei cadaveri -; poi sarà il turno del procuratore generale, delle parti civili e, a chiudere, saranno l’avvocato Valentini e il professore Piefrancesco Bruno. Il verdetto è previsto in giornata.

“Nonostante tutto credo ancora nella giustizia; spero che i giudici della Cassazione accertino in maniera definitiva che ho detto la verità e che sono innocente. Voglio riabbracciare la mia bambina”. Così, Paolo Esposito, dal carcere.





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