ANNO 15 n° 287
Tuscia invasa dalle cimici asiatiche, un incubo per i Comuni dei noccioleti
Si preparano ad affrontare gli inverni e cercano riparo nelle abitazione. Cittadini esasperati
Alessandra
14/10/2025 - 05:30
di Alessandra Sorge

 

 

CAPRAROLA - Muri, tetti, panni stesi, infissi e superfici di ogni genere: le cimici asiatiche stanno letteralmente invadendo la bassa Tuscia, trasformando l’inizio dell’autunno in un vero incubo per cittadini e agricoltori. Dalla zona del lago di Vico ai comuni di Carbognano, Fabrica di Roma, Corchiano, Vignanello, Caprarola, la situazione si fa ogni giorno più difficile, con intere aree di campagna colonizzate da questi fastidiosi insetti.

Gli agricoltori lanciano l’allarme: 'mai così tante come quest’anno'. La situazione si fa ogni giorno più preoccupante. Con il sopraggiungere della stagione fredda, le cimici abbandonano i campi e si rifugiano ovunque ci sia un riparo, sottotetti, anfratti, infissi, persino dentro i tronchi. La loro presenza si concentra proprio nei territori ad alta densità di noccioleti, principale risorsa agricola della zona e bersaglio privilegiato della loro voracità.

A peggiorare il quadro contribuisce anche il cambiamento climatico. Se in passato un inverno rigido riusciva a ridurre del 70% la popolazione di cimici, oggi, con stagioni sempre più miti, la sopravvivenza è altissima. A ciò si aggiunge la spaventosa capacità riproduttiva dell’insetto, in cui ogni femmina può deporre fino a 50 uova per volta, con un’esplosione numerica soprattutto nella seconda e terza generazione.

Chi lavora in regime convenzionale prova a contenere l’invasione con trattamenti a base di piretroidi, applicati fino a 15-20 giorni prima della raccolta. Ma gli effetti sono brevi, in 3-4 giorni il principio attivo si degrada, lasciando spazio a nuove ondate di infestazione.

Un barlume di speranza arriva dalla lotta biologica. Nell' ultimo anno è stato avviato il rilascio controllato della vespa samurai, minuscolo insetto antagonista naturale della cimice asiatica, capace di parassitare le sue uova. I primi risultati sembrano incoraggianti, secondo l'opinione di diversi agronomi, in alcuni punti sono state identificate colonie di vespe attive capaci di contenere la riproduzione della cimice.

L’obiettivo che per il momento sembra più promettente oltre che efficace è quello di rafforzare la difesa biologica e coordinare un’azione su scala più ampia, che coinvolga istituzioni, agronomi, produttori e cittadini. Senza interventi strutturali e tempestivi, il rischio è che l’invasione continui a crescere, con gravi ricadute sul tessuto agricolo, sull’economia locale e sulla vivibilità quotidiana dei nostri paesi.






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