VITERBO - L'immigrazione, un tema che da sempre accende il dibattito pubblico, è stata affrontato ieri sera dal Ministro dell'Interno Matteo Piantedosi, rispondendo a una domanda della giornalista Federica Angeli durante l’evento di Ombre Festival ‘La sicurezza in sicurezza’. Sul palco allestito nel cortile di palazzo dei Priori oltre al Ministro, la vicepresidente del Parlamento Europeo Antonella Sberna e il segretario generale Siulp Felice Romano.
Piantedosi ha parlato di un fondamentale equilibrio tra il doveroso rispetto dei diritti umani e una politica migratoria pragmatica e responsabile per affrontare il tema. Il Ministro ha poi sottolineato come ogni momento di crisi debba essere trasformato in un'opportunità, riconoscendo che i flussi migratori sono di dimensione planetaria e storicamente hanno modellato l'umanità.
Il governo, ha spiegato il Ministro, ha messo in campo una duplice strategia. Da un lato, l'impegno umanitario, spesso lontano dai riflettori: '3700 arrivi per corridoi umanitari. Non se n'è accorto nessuno', ha sottolineato con una punta di orgoglio e forse un velo di rammarico per la scarsa risonanza mediatica. Persone prelevate direttamente da zone di conflitto come Afghanistan, Iran, Iraq e Siria, grazie alla collaborazione con realtà come la Comunità di Sant'Egidio e le Chiese Valdesi. Questi, ha ribadito, sono i 'veri rifugiati', coloro che fuggono da guerre e persecuzioni. A questi si aggiungono 952.000 quote di ingresso regolare per motivi di lavoro, frutto di una programmazione pluriennale su due trienni.
Dall'altro lato, un'azione intransigente contro il traffico di esseri umani. Un fenomeno che il Ministro non esita a definire vergognoso, gestito da 'organizzazioni criminali transnazionali che sono peggiori delle nostre mafie tradizionali'.
E i numeri parlano chiaro: solo nel 2023, il corridoio del Mediterraneo centrale ha generato un fatturato stimato di un miliardo di dollari per i trafficanti, calcolato chiedendo ai migranti stessi quanto avessero pagato per il viaggio. 'Un miliardo di dollari in un anno', ha ripetuto, evidenziando l'indignazione di fronte a un business così lucroso sulla pelle delle persone e la difficoltà di combattere un fenomeno che richiede azioni anche al di là dei confini nazionali.
La sfida è complessa, soprattutto per un Paese come l'Italia, con circa 8000 km di coste di confine marittimo, tra le più difficili da difendere. 'Le persone non ti si presentano dietro un reticolato', ha osservato il Ministro, ma in mare, in condizioni precarie, rendendo difficile conciliare la fermezza della legge nazionale e internazionale con l'imperativo di salvare vite e non mettere a repentaglio la vita delle persone. Una funzione delicatissima, come dimostrano anche le recenti vicende giudiziarie che coinvolgono operatori della Guardia di Finanza e della Guardia Costiera, ai quali il Ministro ha espresso pubblicamente tutta la sua vicinanza.
Il Ministro ha poi smontato alcune narrazioni, evidenziando come la composizione delle nazionalità di chi sbarca non sempre corrisponda all'idea di 'fuga dalla guerra'. Paesi come Pakistan, Egitto o Tunisia, pur con le loro difficoltà, non sono teatri di conflitti sistematici, e la loro inclusione nella lista dei 'paesi sicuri' – una pratica peraltro adottata anche dall'Unione Europea – è stata difesa come una scelta pragmatica. Ha ribadito che i dati, seppur non esaustivi degli obiettivi programmati, stanno dando ragione a questa duplice azione.
Infine, la visione a lungo termine: i nuovi lavoratori non sono solo 'manodopera per le nostre imprese', ma 'nuovi cittadini' a cui offrire casa e opportunità di integrazione sui nostri territori. Un fenomeno di grande complessità che richiede una visione umana, ma anche pragmatica, che tenga conto della necessità di conciliare l'inevitabilità dei flussi con il mantenimento dei valori della tradizione e la sicurezza dei cittadini. 'Tutto quello che è frutto di traffici criminali deve essere combattuto senza alcun tentennamento', ha concluso il Ministro, riaffermando una convinzione che lo accompagna da sempre, ben prima del suo attuale ruolo politico.