


VITERBO - Seduta accesa ieri mattina in consiglio comunale, convocato in forma ordinaria per la trattazione delle interrogazioni. Tra i vari interventi, quello più 'infuocato' è stato quello del consigliere leghista Andrea Micci, che ha sollevato il tema della trasparenza negli affidamenti diretti e nella gestione degli staff comunali.
Al centro dell'interrogazione, la composizione del gruppo che compone lo staff della sindaca nominato in via diretta senza concorsi, un team – ha ricordato Micci – di cui «non conosciamo nomi, cognomi e incarichi, a me e ai cittadini sembra strano». Un limite che il consigliere considera «inconcepibile», soprattutto alla luce di un incarico dal costo complessivo di 130mila euro.

Micci: «Per 130mila euro non si sa chi lavora per i cittadini»
«Mi sembra assurdo che non si possano conoscere i nomi di persone pagate dai viterbesi», ha affermato Micci, contestando anche la frequente scelta dell’amministrazione di ricorrere ad affidamenti diretti: «Alcuni saranno necessari per urgenza, altri perché si vuole incaricare qualcuno con caratteristiche particolari, ma questo modo di fare deve finire». E ancora: «Vorrei sapere chi compone questo staff, da chi è formato, cosa fa e perché costa così tanto. Non credo più alle vostre giustificazioni».

La replica della Frontini: «Gli affidamenti diretti sono previsti dal nuovo codice degli appalti»
La sindaca Chiara Frontini ha risposto ricordando che l’impossibilità di pubblicare nomi e cognomi «attiene a una precisa normativa sulla protezione dei dati personali».
Sul tema degli affidamenti diretti, Frontini ha sottolineato che «sono previsti e ampliati dal nuovo Codice degli appalti, voluto anche dal vostro partito a livello nazionale. Sono strumenti che rendono più rapide le procedure amministrative, e ogni affidamento diretto deve comunque essere motivato».
«Non ci risulta – ha aggiunto – che nessuno degli incarichi conferiti non abbia raggiunto gli obiettivi».
Il consigliere infine, ha incalzato chiedendo di conoscere «i riferimenti di legge che impedirebbero di sapere i nomi di persone che rivestono incarichi pagati con soldi pubblici».
«State dicendo ai viterbesi – ha affermato – che stanno pagando 130mila euro per Tizio, Caio e Sempronio, senza poter sapere nulla di più».

L’interrogazione di Allegrini: «Serve chiarezza tra dati personali e dati professionali»
Sul tema è intervenuto anche la consigliera Laura Allegrini, che ha sollevato il problema della distinzione tra dati personali, sensibili e professionali:
«Il consiglio comunale – ha detto – deve poter accedere ai dati necessari per svolgere il proprio lavoro. Non voglio certo sapere elementi sensibili, ma nome, cognome e stipendio sì: è trasparenza. Altrimenti si crea una discriminazione tra i dipendenti comunali e gli staff».
Allegrini ha ricordato infine che «esiste il diritto all’oblio, i dati possono essere cancellati in seguito, ma almeno all’inizio dovrebbero essere pubblici».
Temi destinati a far discutere. La discussione resta aperta e promette di tornare in aula. Trasparenza, privacy e modalità di affidamento saranno di nuovo al centro di un confronto politico che ci ha mostrato tutte le sue tensioni.