ANNO 14 n° 118
Proust in cucina, Ricordi e peperoni ripieni
>>> di Massimiliano Capo <<<<
04/08/2014 - 00:00

di Massimiliano Capo

VITERBO - Mi ricordo la sabbia chiara tra le dita dei piedi.

Mi ricordo che era estate ed era caldo e la strada per arrivare in spiaggia passava da una pineta scura e fresca anche col sole alto.

Mi ricordo che la tenevo per mano e mi sembrava una cosa strana, la mia mano bianca e la sua così abbronzata e le dita intrecciate.

 

Mi ricordo che non volevo mai lasciarla e che non mi piaceva andare a dormire la sera perché non mi andava di aspettare che passasse tutta la notte prima di rivederla.

 

Mi ricordo che appena sveglio uscivo dalla tenda e mi mettevo ad aspettare seduto al tavolo di fuori che si aprisse la sua roulotte e che lei uscisse per dirle ciao.

 

Mi ricordo che il pomeriggio andavamo insieme al bar a prendere uno di quei ghiaccioli dai nomi strani della fine degli anni settanta.

 

Mi ricordo che l’ho ritrovata su Facebook e non le ho chiesto l’amicizia.

 

Mi ricordo che i gelati d’estate, quando non stavo al mare, li compravo nel negozio di alimentari sotto casa, quello della signora Giovanna, dopo aver giocato a calcio in giardino.

 

Mi ricordo che le partite duravano tutto il pomeriggio e che io ero una mezza sega, paurosa di tutto, anche se ero andato alla scuola calcio.

 

Mi ricordo che bevevamo l’acqua gelata da una fontana e prima di berla ci bagnavamo fronte e collo e poi i polsi perché così non ci veniva una congestione.

 

Mi ricordo che c’era chi si lamentava del casino che facevamo e ci toglieva il pallone e mi ricordo che in quel giardino ci venivano anche dai palazzi vicini.

 

Mi ricordo che dalla signora Giovanna ci compravo anche i panini con la mortadella perché da piccoli si ha sempre fame e la pizza prima di andare a scuola. A scuola ci andavo con mio padre che mi lasciava a poca distanza e io scendevo dalla macchina e andavo a piedi fino all’ingresso insieme a mia sorella.

 

Ora la mia vecchia scuola non c’è più e al suo posto stanno costruendo un grande palazzo. È rimasto solo il campo da calcio ma forse tra poco non ci sarà più nemmeno quello. In quel campo io ci ho giocato d’estate e d’inverno, quando col freddo scendevamo con i cappotti addosso e ci li toglievamo quando eravamo già sudati e il vecchio maestro Alfio ci guardava correre da bordo campo senza grembiule nero e fiocco bianco che rimettevamo solo una volta tornati in classe.

 

Mi ricordo che a me il grembiule non piaceva e non volevo metterlo e andavo senza.

 

Mi ricordo che in classe c’era il ritratto di Saragat che era il presidente della Repubblica e prima di cominciare la giornata si diceva una preghiera e così alla fine.

 

Mi ricordo che per andare in bagno bisognava chiedere il permesso e il maestro non lo dava mai e a me questa cosa metteva un’ansia incredibile.

 

Mi ricordo i miei compagni delle elementari e ogni tanto li incontro e non sempre ci salutiamo e non so perché.

 

Mi ricordo che a scuola ero bravo e a me questa cosa non piaceva. Volevo essere come gli altri e divertirmi come loro così ho deciso di smettere di esserlo.

 

Mi ricordo che cantavo Bella Ciao e che a casa avevo anche il

disco.

 

Mi ricordo che i dischi che mi piacevano di più erano quelli de ‘I Cuccioli’ con le loro storie dentro e il libro con le figure da seguire.

 

Mi ricordo che a scuola mi veniva a prendere la nonna Ada e poi andavamo a casa sua e io qualche volta mangiavo lì e nella bella stagione, quando la primavera colora i prati e gli alberi e i fiori, andavamo a piedi alla Palanzana e mi faceva vedere le cose per strada e raccoglievo sassi e foglie e poi ci facevo i giochi e i collage e più spesso me ne dimenticavo appena arrivato perché volevo andare in altalena e spingermi in alto.

 

Mi ricordo che c’era il lattaio davanti a casa e che dopo l’altalena andavo di corsa a mangiare il cono panna e cioccolato e che il negozio odorava di latte e formaggio e che ci si poteva comprare anche il pane e la carta per incartarlo era marrone e a casa si conservava per quando si friggeva.

 

Mi ricordo che Aldo faceva le statue sotto casa della nonna e io entravo nel suo studio e c’erano i disegni appesi alle pareti e poi i bozzetti di gesso e poi insieme colavamo la cera negli stampi e ne uscivano delle colombe bellissime che guardavo finire di modellare ancora calde con delle grosse tenaglie e poi in picchiata, come un rapace verso la sua preda, finivano a testa in giù dentro dei fusti pieni di acqua a freddarsi prima di essere usate per i calchi della fusione in bronzo.

 

Mi ricordo che anche io disegnavo sempre e che un disegno lo mandai a Topolino.

 

Mi ricordo che mi piacevano le patatine e il pane con cui si riempiono i peperoni al forno che sono buonissimi, soprattutto d’estate.

 

Mia madre li fa così:

 

Peperoni ripieni

Cuocete dapprima le patate tagliate a piccoli cubetti con olio e aglio fino a farle dorare. Fate un impasto con la mollica di pane bagnata e capperi e poi aggiungete il composto nella padella con le patate e fate amalgamare.

Nel frattempo svuotate il peperone dopo aver rimosso la calottina in alto e riempitelo del pane e patate.

Quindi mettete in forno per 40 minuti a 180 gradi.

Birra gelata e il pranzo è servito.

 





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