VITERBO - Nel centro storico di Viterbo tutto è pronto per il trasporto della Mini Macchina. L’appuntamento è di quelli che, anno dopo anno, scandiscono il calendario cittadino e costruiscono un legame profondo tra generazioni.
A portarla in spalla saranno loro, i bambini. A reggere quel peso, che fisicamente si aggira tra i 10 e i 12 chili, c’è un senso di responsabilità che va oltre lo sforzo. È un piccolo grande rito di passaggio, un modo per sentirsi parte di qualcosa. Un’iniziazione che ha il sapore della condivisione.
“Lo spirito di questa manifestazione sta proprio lì – spiega Gianni Baiocco, capo facchino della Mini Macchina del centro storico – Sono ragazzi, ma si comportano già come una squadra. Stanno insieme, imparano cosa vuol dire impegnarsi, sostenersi, far parte di un gruppo. Nascono amicizie che spesso durano nel tempo. Io stesso ho legami forti, nati lì, nel cortile dove provavamo da bambini”.
Il trasporto della Mini Macchina è organizzato dal Comitato del Centro Storico e, come ogni anno, coinvolge 220 bambini, pronti a mettersi in gioco con entusiasmo e responsabilità. Un numero importante, sostenuto anche dalla disponibilità dell’Unità Operativa di Pediatria dell’Ospedale Santa Rosa, che si è offerta di rilasciare gratuitamente i certificati medici necessari per i piccoli facchini. Un gesto concreto di vicinanza che conferma quanto questa tradizione sia sentita e condivisa da tutta la comunità.
La macchina è la stessa degli anni passati, a conferma di una scelta: non serve cambiare per stupire. Serve viverla. E anche quest’anno ci saranno presenze importanti: Fiorillo, Mecarini e Ascenzi affiancheranno il comitato nel preparare i bambini: “Come ogni anno portiamo i mini-facchini a vedere la Macchina grande e a cena in piazza coi facchini – continua Baiocco – Sono momenti semplici ma fondamentali. Li aiutano a capire cosa vuol dire davvero questa festa. Li avvicinano a un sentimento collettivo, a una tradizione che non è solo da guardare, ma da vivere”.
Portare avanti una manifestazione del genere oggi, in un contesto sociale sempre più delicato, richiede attenzione e impegno. Ma la soddisfazione è tanta: “Arrivi alla sera e li vedi stanchi, sudati, ma fieri. Si abbracciano con le famiglie. Sono felici. E lì capisci che tutto il lavoro fatto ha senso. Perché è un’esperienza forte, sia fisicamente che emotivamente. Ma quello che conta davvero è che questi bambini, un giorno, saranno gli adulti che porteranno avanti questa tradizione”.
Perché in fondo è questo il significato della Mini Macchina: non solo un evento spettacolare, ma un modo per passare il testimone. Senza retorica, ma con concretezza e cuore.