ANNO 14 n° 111
Il mercato del sabato In morte di una cabina telefonica
di Andrea Arena
07/05/2016 - 02:01

di Andrea Arena

C’hanno messo una pecetta e via: si chiude. Dal 16 agosto, un martedì, un giorno in cui la città sarà ancora deserta – metà a digerire il pollo coi peperoni, l’altra metà ancora al mare – la cabina telefonica di piazza Crispi non esisterà più. Una prece. E alla fine è giusto così, qui le crociate nostalgiche non hanno mai convinto, e neanche quel fascino perverso del piccolo mondo antico, quando ''si potevano ancora lasciare le chiavi sulla porta di casa'', e le ragazze per il Corso portavano le gonne sotto al ginocchio.

Cambiano i tempi, i mezzi s’evolvono e con essi i costumi. Chi usa più una cabina, oggi? Tutti a smanettare coi cellulari, così comodi e insostituibili. Persino i migranti vanno al bar e alla tabaccheria a farsi fare una ricarica, e vuoi mettere con l’epoca dei gettoni a tonnellate, da inserire sperando che l’aggeggio maleducato non te li risputasse, o ancora l’ultimo scorcio con le schede, quasi sempre smagnetizzate ma sì, bellissime da collezionare, per i maniaci del genere.

A dirla tutta, ultimamente, la cabina non era più neanche una cabina: ''Dal 2008 l’hanno sostituita con una postazione aperta, rimovendo il parallelepipedo che stava lì, dove ora c'è la panchina'', ricorda Massimone, barista e memoria storica della piazza.

E però questo telefono ormai inutile che sparisce, apre il cuore ai ricordi di tante generazioni che qui hanno vissuto, o sono state soltanto di passaggio. Tante facce e tante storie, situazioni.

La cabina serviva per telefonare a casa e chiedere con la voce gentile ''papà, possono rientrare mezz’ora più tardi stasera?'', e poi continuare a flirtare con quella ragazzina così carina. La cabina serviva pure per avvisare, a mattina inoltrata, che quel giorno non si era entrati a scuola: c’è sciopero, la prof s’è sentita male, hanno evacuato tutto per una bomba, e altre mille scuse inventate sul posto e perfettamente credibili, o almeno così sembrava. La cabina serviva all’uomo impegnato, per chiamare i clienti, per fissare appuntamenti, per fare affari ed essere sempre reperibile, anche mentre si faceva un aperitivo (un 103, naturalmente…): come in Provaci ancora Sam, insomma, solo che a piazza Crispi. La cabina serviva agli amanti per darsi l’appuntamento clandestino, ma anche ai fidanzati per ricucire dopo una litigata. E ancora: agli amici per prenotare la cena del sabato, dopo interminabili consultazioni dell’elenco telefonico (sì, c’era pure l’elenco) e discussioni con quello che sapeva sempre dove mangiare bene e spendere poco. Serviva certo per gli scherzi cattivi, chiamando a casa dello sfigato di turno, o per quelle telefonate anonime a casa dell’amore impossibile, uno squillo e riattaccare.

Pezzi. Pezzi di un passato che non va rimpianto, ma tenuto nel cuore, magari anche di un'intera città. E che un giorno lontano avrà lo stesso valore della storia della Bella Galiana, della rivolta di Pianoscarano, di Volo d’Angeli che si ferma in via Cavour. Tu chiamale, se vuoi, radici.

P. S. Per la cronaca, sulla pecetta, l'azienda telefonica avverte che è possibile chiedere che la cabina resti al suo posto, mandando una mail ad un indirizzo dedicato. Un gesto di cortesia da multinazionale illuminata. Ma che nessuno farà, e in fondo è giusto così.





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