ANNO 15 n° 328
Fabrica di Roma: dieci anni senza acqua potabile. E nessuno si assume la responsabilitą
Dal 2016 ordinanze, contaminazioni e silenzi istituzionali. Talete invia bollette, il Comune osserva, la Regione tace
24/11/2025 - 07:16

FABRICA DI ROMA - Fabrica di Roma continua a vivere una situazione paradossale: quasi dieci anni senza acqua potabile e nessuna istituzione che fornisca risposte o soluzioni concrete.

Tutto inizia nel 2016, con l’ordinanza che dichiara l’acqua del comune non idonea al consumo umano. Da allora, per i cittadini è iniziato un decennio di difficoltà quotidiane: casse d’acqua da acquistare, depuratori domestici, soluzioni improvvisate per affrontare un problema che, nel frattempo, nessuno ha davvero risolto.

Il Comune è stato persino citato in una sentenza europea che condannava l’Italia per la presenza di arsenico nelle acque. Eppure, invece di migliorare, la situazione è peggiorata. Oggi l’ASL segnala l’ennesima contaminazione batterica nell’acquedotto, ora gestito da Talete. Non solo arsenico e fluoruri, ma anche coli-batteri: una combinazione che rende l’acqua del rubinetto più simile a un “cocktail da laboratorio” che a un bene pubblico. Ed è già il terzo episodio in un anno.

La domanda sorge spontanea: dove sono le istituzioni?
Il Comune osserva impotente, la Regione resta in silenzio, Talete continua a inviare bollette salate senza garantire un servizio minimo. Nel frattempo i cittadini pagano due volte: con le tasse e con l’acqua acquistata al supermercato.

È questa la gestione di un diritto fondamentale?

La vicenda di Fabrica di Roma non è più solo un problema tecnico: è una ferita politica e sociale. Negare l’accesso all’acqua sicura significa minare la dignità delle persone. Significa “lavarsi le mani” — mentre i cittadini non possono neppure lavarsi i denti, visto che l’acqua del rubinetto non è utilizzabile nemmeno per l’igiene personale.

Questa storia non è un dettaglio locale: è il ritratto di un Paese che sembra essersi abituato all’assurdo. E la domanda finale resta sospesa: quanto ancora dovranno aspettare i cittadini prima che qualcuno si assuma la responsabilità di restituire loro ciò che spetta di diritto?

Qualcuno, in Regione o al Comune, dovrà pur svegliarsi: una telefonata a Talete sarebbe un inizio, una soluzione vera sarebbe meglio.
Intanto, la cittadinanza valuta possibili iniziative e azioni. Forse è arrivato il momento di farsi sentire.






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