


di Fabio Tornatore

VITERBO - La Regione Lazio delibera in ottemperanza alle sentenze del TAR sul dimensionamento scolastico ma ripropone lo stesso smembramento annullato dal Tribunale amministrativo: 'mancanza di proposte alternative deliberate dalla Provincia e dal Comune di Viterbo, e originaria formulazione della proposta da parte dall'Osservatorio scolastico provinciale di Viterbo' si legge nel documento.
Dunque nulla cambia dopo due anni: tre sentenze del Tribunale Amministrativo del Lazio e una del Consiglio di Stato, tempo e soldi spesi, quelli dei cittadini, per avvocati e riunioni, sedute, commissioni e call. Alla fine dell'anno arriva la sorpresa: per l'anno scolastico 2025/26 è stata riproposta la soppressione dell'Istituto Comprensivo Carmine di Viterbo con le stesse modalità iniziali e le stesse assegnazioni dei plessi alle altre presidenze del capoluogo. Lo stesso vale anche per la scuola di Grotte di Castro, che viene confermata come parte integrante dell'Istituto di Acquapendente. In aggiunta viene soppresso anche l'istituto di Bolsena, su riuchiesta del Comune titolare, spiega la delibera, che viene aggregato a Bagnoregio.
Secondo la delibera regionale tale configurazione, per Viterbo, 'consente di ridistribuire i plessi dell’Istituto comprensivo Carmine numericamente debole (con 605 alunni nell’anno scolastico 2024/25 e trend in decremento con 659 alunni nel 2022/23 e 640 nel 2023/24) al fine di rafforzare gli altri Istituti comprensivi del capoluogo: l’Istituto comprensivo Fantappiè da 719 alunni a 934 alunni; l’Istituto comprensivo Egidi da 840 alunni a 1.063 alunni; l’Istituto comprensivo Vanni da 898 alunni a 923 alunni; l’Istituto comprensivo Canevari da 924 alunni 935 alunni; consente l’aggregazione dei plessi in base alla prossimità territoriale; garantisce la continuità didattica, trattandosi di soppressione meramente amministrativa della dirigenza senza chiusura di plessi; rafforza un presidio scolastico che, a fronte del decremento progressivo della popolazione scolastica con la perdita di 54 alunni in tre anni, sarebbe a forte rischio di sopravvivenza; evita che la scuola, fondamentale punto di riferimento in un quartiere difficile, divenga una “scuola ghetto” ove si concentrino tutti i problemi di marginalizzazione sociale della zona, incentivando, da questo punto di vista, il trasferimento alle altre scuole del territorio di tutte le buone pratiche acquisite in materia, quali quelle riconducibili all’istruzione impartita agli studenti stranieri e agli adulti nell’ambito del CPIA e alle progettualità specifiche attivate per alunni con bisogni educativi speciali o con svantaggio socio-culturale'.