VITERBO - Ma insomma… Dopo teglie di maccheroni cucinate dalle nonne, in bella vista dietro claim variopinti, è possibile che un nuovo spot abbia ridipinto i nostri anziani? E la nonna multitasking che promette mancette, propone menù di lusso e non vieta i videogiochi dove caspita è finita, vogliamo forse cambiare registro? Chi ce la ridà la nonna permissiva? No, la nonna permissiva non è bastevole a raccontare l’amore: serve una nonna bella emotiva. Con il cuore grande, ma con un comune difetto di udito.
Una roba pazzesca, fuori dai nostri pensieri. Eppure Amplifon, azienda leader nel settore delle protesi acustiche, ha tirato fuori dal cilindro, o forse dal ricettario delle emozioni degli italiani, una situazione che di più reale c’è solo l’incontro con una nonna in carne ed ossa. Con le sue difficoltà, con tutte le accezioni dei suoi sentimenti.
Nell’ultimo spot dedicato al test dell’udito, la paziente che si sta mettendo alla prova è ricca, ricca tanto. Ma non lo sa. O forse, lo sa bene, ma è così zelante da ripetere le parole che un’operatrice le sta facendo ascoltare, da “disco” a “dente”, per farla esercitare. Le sue cuffie sembrano isolare lo studio in cui si trova da ogni altra persona di passaggio: lei è tranquilla, ma con un filo di agitazione. Imperfetta e “unconventional”, chiunque potrebbe andare a rassicurarla e tirarla su.
Ma chi ci ha fatto credere che anziano significa saggio, saggio significa resiliente e resiliente, di conseguenza, mai spaventato? Forse la nostalgia di certi tratti semplici del parlare, del vivere, dell’aggregarsi, forse la paura che tutto cambi, cambiando anche noi. In fondo, però, la nostra dimensione è diventata un vantaggio fin troppo importante, in cui ci esibiamo in esecuzioni veloci dei nostri progetti, navighiamo su Internet, comunichiamo con gli slang. Non ci piacciamo abbastanza, ma è questa la nostra storia, quello che racconteremo ai nostri nipoti una volta diventati nonni.
Dobbiamo amare noi stessi, amando chi ci ha preceduti: è scontato? No, è meraviglioso. Dobbiamo credere che le generazioni si parlino e si cerchino, come si rincorrono le stagioni, come la primavera sfocia nell’estate e come il selfie in riva al mare cerca il fluire del mare stesso, non accontentandosi mai. Parola di nonno e nonna, probabilmente. Di quei tipi un po’ burberi tra di loro, ma pieni di vita se ci avvolgono in un abbraccio.
Alla paziente fanno ascoltare delle parole registrate, quindi. Una prassi. Poi, all’improvviso, un bimbo pieno di vita irrompe nello schermo, spiazzando la sua amata nonna, la stessa donna, nel bel mezzo della formalità. Le parole del piccolo: “Non vedo l’ora che tu senta meglio, così non potrò più urlare per dirti che ti voglio bene!”. Il suo soprannome, lo capiamo grazie alla nonna che si emoziona e lo chiama, è Chicco. Un tesoro di bambino e una persona favolosa che si commuove, lo riconosce, lo abbraccia: siamo ancora affezionati alla nonna “narrativa” oppure ci piace di più la nonna sensibile, materna e reale?
Amplifon ha così realizzato una sequenza di momenti semplice e ispiratrice, che racconta e non falsa la realtà, come uno spot progresso, comprensibile da tutti gli spettatori, dovrebbe fare.
Se le spalle larghe dei nostri nonni possono sorreggere le intemperie, le nostre, quelle vivaci dei loro amati bambini, sono in grado di elevarne la potenza, rivestirle di carezze, colorarle di futuro e spogliarle da ogni paura. L’udito che ritorna finalmente ad essere senso e smette di essere limite contamina con la sua vena ribelle il mese dedicato ai nonni, il caldissimo ottobre: una brocca di latte dolce, un racconto e due fotografie ci fanno ancora sgattaiolare dal letto del riposino, ricordandoci che se ci siamo, è grazie a chi ci ama (e sì, ammettiamolo, ci vizia!) più di sé stesso.