ANNO 15 n° 294
A due anni dalla scomparsa, il ricordo di Walter Selva uomo e artista
Nel momento della malattia, la sua dignità non vacillò, ha saputo affrontare la sofferenza con garbo e spirito, senza mai smettere di essere lui stesso
21/10/2025 - 13:15

ORTE - Il 21 ottobre segna il secondo anniversario della scomparsa di Walter Selva, un uomo e un artista che resta vivo nel ricordo di chi lo ha conosciuto e nelle sue memorabili immagini. In questa giornata, ViterboNews24 desidera rendergli omaggio insieme alla compagna Maria Pasqua Ruiu, parlando dell’uomo e del maestro della luce che ci ha lasciato.

Walter Selva non era solo un fotografo: era una presenza discreta, ma intensa, capace di trasmettere affetto, disponibilità, un sorriso sincero e un’attenzione alle sensibilità altrui. In molti lo ricordano come “fotografo gentiluomo”, un epiteto che rispecchia quella sua eleganza di modi, quel tatto relazionale che non si imponeva ma invitava al dialogo.

Anche nel momento della malattia, la sua dignità non vacillò, ha saputo affrontare la sofferenza con garbo e spirito, senza mai smettere di essere lui stesso, con il suo garbo, la sua parola, la sua attenzione per chi stava accanto.

Durante il funerale, la nipote Barbara Liberatore ricordò come lui avesse saputo “interpretare i suoni e le luci della vita in tutte le sue sfaccettature”, evocando l’immagine di una persona che non si accontentava del visibile, ma cercava oltre, cercava senso.

Don Pierangelo Iacobelli, che lo conosceva da decenni, raccontò che due giorni prima di morire Walter gli chiese di spiegargli cos’era la fede.

È questa attitudine dell’uomo che rende ancora più prezioso il ricordo: non solo per ciò che ha fatto, ma per chi era, per come ha saputo esserci con discrezione, con amicizia, con sensibilità.

Se nella dimensione umana Walter ha lasciato un segno di delicatezza e rispetto, nell’arte ha saputo trasformare la sua visione in immagini di grande forza e raffinata poesia. È difficile separare l’uomo dal suo lavoro, perché il suo modo di fotografare era espressione del suo modo di essere: contemplativo, attento alle sfumature, capace di cogliere ciò che sfugge all’occhio distratto.

I primi passi e la trasformazione

Nato nel 1951 a Blera, figlio di ferroviere, Walter iniziò seguendo il mestiere del padre, ma con lo spirito di chi cerca la propria voce.

Intorno agli anni Novanta, si dedicò in modo più pieno alla fotografia: aprì un negozio di musica a Viterbo, ma la passione per l’immagine già pulsa in lui.

Collaboratore storico del Corriere di Viterbo e ViterboNews24. Affermato come fotografo professionista, fece parte dell’Ordine dei giornalisti e realizzò collaborazioni con agenzie e testate internazionali come Olycom, Associated Press e Der Spiegel.

Per Walter, la luce non era un semplice strumento tecnico: era un linguaggio. Egli credeva che, come diceva lui, “tutto è magia o niente” (una frase che oggi è diventata emblema del suo ricordo).

In ogni fotografia, cercava l’equilibrio tra ombra e chiarore, il contrasto sottile, la modulazione fine, la resa dell’atmosfera, l’intensità dell’attimo.

Una delle sue mostre significative, “Carillon – ovvero la Giostra dei Colori”, espose circa 150 immagini, stampe e proiezioni video, dove il colore e la luce dialogavano in composizioni delicate e suggestive: con corpi femminili, nastri colorati, giochi di movimento, svelamenti e nascondimenti, in un continuo equilibrio tra visibile e invisibile.

Altre produzioni artistiche mostrano la sua varietà: nel 2014 espose “Callisto in Ariete” nella Sala Mostre Anselmi a Viterbo, un lavoro che rivisitava il mito di Callisto secondo una chiave moderna.

Realizzò nudi con luce naturale, ad esempio tramite la sola luce di candele, esplorando come la fiammella potesse modellare il corpo, la pelle, il contorno.

La sua opera non era mero estetismo: c’era ricerca, c’era rispetto, c’era una sensibilità poetica verso il corpo, la forma, l’espressione. Il suo approccio al nudo non era spettacolo, era contemplazione, misura, armonia.

Un indizio del suo sguardo inimitabile si trova persino oltre i confini locali: una opera stampata, intitolata “Orizzonte Nero” di Selva Walter del 1982 è catalogata nella collezione civica del Comune di Seregno in Lombardia.

Questo piccolo frammento conferma che la sua ricerca visiva andava anche oltre il territorio, esplorando visioni astratte, composizioni di invenzione, geometrie del vuoto e del pieno.

Impegno e memoria

Selva non si limitò a esporre per sé. Partecipò a mostre collettive, prestò i suoi scatti a iniziative benefiche (ad esempio la mostra “Carillon” devolvendo ricavi all’AM.AN., associazione per il sostegno di malati oncologici)

Tenni corsi di fotografia presso l’UPTE (Università popolare delle età) per trasmettere sapere e tecnica ai giovani.

A un anno dalla sua scomparsa si tenne un memorial il 26 ottobre 2024 presso la Sala Benedetti della Provincia di Viterbo, aperto a tutti coloro che volevano ricordarlo con parole e ricordi.

Questo tipo di iniziativa testimonia che il suo passaggio è sentito nella comunità, non come una pagina chiusa, ma come un’eredità, umana e artistica, tuttora viva.

Oggi, nel secondo anniversario della sua morte, non ci restano solo ricordi affettivi: restano le sue fotografie, i suoi scatti, le sue composizioni di luce. In esse c’è un dialogo sempre aperto tra ciò che appare e ciò che si intuisce, tra l’ombra sottile e il bagliore discreto, tra il corpo e l’anima che adombra.

Chi naviga il web può ancora imbattersi in quelle immagini, in quelle opere che non chiedono di stupire, ma di accogliere uno sguardo. In esse risiede la magia che Walter amava, per lui non c’era scala intermedia: “magia o niente”.

Vorrei chiudere con un pensiero personale: ricordare Walter non solo per ciò che ha fatto, ma per come lo ha fatto: con delicatezza, con amore, con rispetto. Ripercorrere le sue immagini è come ascoltare una melodia di luce, una musica delicata che non impone, ma invita.

A Walter, grazie. Per tutto ciò che hai dato, per tutto ciò che hai lasciato. E per la magia che non è mai venuta meno.

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