di Flavia Ludovisi
VITERBO - Il 21 gennaio 1996 moriva brutalmente accoltellato fuori da una discoteca Raffaele Giorni, giovane viterbese di 19 anni, assassinato da un coetaneo, Massimo Campisi. Sono passati sedici lunghi anni ma Viterbo non ha dimenticato quella brutta domenica invernale come testimoniano i tanti pensieri postati oggi su Facebook.
Raffaele Giorni aveva 19 anni e andava alle superiori, frequentava l’ultimo anno dell’Istituto tecnico e si interessava di politica. Quella domenica pomeriggio era andato a ballare nella discoteca Kaos, al Poggino, con la fidanzata Erika e gli amici.
In quello stesso locale c’era anche Massimo Campisi, un aspirante militare dell’Aeronautica arrivato a Viterbo da Chiari, vicino Brescia, otto giorni prima. Ma insieme ai suoi commilitoni Campisi, coetaneo di Raffele, aveva portato con sé anche un coltello.
Ecco, Raffaele e Massimo, all’insaputa l’uno dell’altro, si sono ritrovati alla stessa ora alla discoteca Kaos. Ad un certo punto Raffaele si accorge che Massimo e gli altri due militari stanno infastidendo la sua ragazza Erika, all’epoca 17enne, e che addirittura uno le aveva anche messo le mani addosso. Raffaele litiga, gli amici fanno da pacieri e sembra tutto finito lì.
Ma fuori dal locale Raffaele ha la sfortuna di incontrare di nuovo il gruppo di avieri e lì succede l’irreparabile. La discussione riprende, ma con toni più violenti, volano pugni e calci e alla fine Raffaele cade esanime con la lama di un coltello a serramanico che nessuno avrebbe dovuto avere in tasca conficcata nel petto.
Campisi e gli altri due commilitoni fuggono veloci verso la caserma della Vam, dove avevano appena iniziato l’addestramento, ma non sanno che ad aspettarli ci sono già i carabinieri per portarli in caserma. Ed è proprio qui che, dopo ore e ore di interrogatorio, Massimo Campisi ammette di aver portato quel coltello in discoteca. Quest’ultimo finisce in carcere per omicidio volontario, gli altri due, Alessandro Azzolini e Andrea Pozzi, rispettivamente di 20 e 21 anni, per rissa aggravata.
Il processo si svolse in un’aula troppo piccola per contenere la folla di gente, al terzo piano del tribunale di Viterbo, allora situato a piazza Fontana Grande. Seguirono testimonianze, dibattimenti e alterchi sempre di fronte agli occhi di due famiglie distrutte, quella di Giorni e quella di Campisi, fino alla sentenza definitiva: 22 anni di reclusione e tre anni di libertà vigilata per l'aviere.
Giustizia fatta ma Viterbo rimane comunque sotto choc e si domanda ancora, dopo tutti questi anni, come sia possibile morire a vent’anni per una banale discussione in discoteca. Una dolorosa via crucis da domenica 21 gennaio si protrasse per giorni, fino all’affollatissimo funerale nella chiesa di San Pietro. Familiari, conoscenti, compagni di scuola, amici del Fronte della gioventù di cui Raffaele era vice segretario provinciale, le autorità cittadine e militari tutti presenti per dare l’ultimo saluto a Raffaele.
Ma Viterbo Raffaele non l’ha mai dimenticato, vive ancora nei ricordi di chi l’ha conosciuto e sui muri della città, tappezzata di scritte in suo onore.