ANNO 14 n° 117
Voleva assumere cinque pakistani, accusato di immigrazione clandestina
Ma i ragazzi mai arrivati nella Tuscia
16/09/2018 - 04:11

VITERBO – E’ stato per anni accusato di aver favorito l’immigrazione clandestina nel territorio italiano, solamente per aver richiesto l’ingresso di cinque ragazzi pakistani da assumere nell’azienda agricola della moglie. Ma quei giovanissimi lavoratori non sono mai arrivati in Italia. Richiesta depositata, esaminata e respinta. Eppure da quel momento per P.L. è l’inizio di un calvario giudiziario. Fatto di avvocati, udienze e la paura reale di una condanna.

Una condanna pesantissima che, in Italia, prevede, per il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, fino a 12 anni di reclusione. E che nei giorni scorsi di fronte al collegio di giudici, l’allevatore di bovini ha realmente rischiato di vedersi infliggere: per lui il pubblico ministero aveva infatti richiesto oltre 4 anni di reclusione e una multa da 160mila euro da versare in favore dello Stato.

Nel 2009 la richiesta al centro di Civitavecchia di far arrivare in Italia i cinque ragazzi dal Pakistan e nel 2012 la denuncia alla Procura della Repubblica: secondo l’accusa, l’uomo non avrebbe avuto affatto intenzione di far lavorare i giovani nell’azienda della moglie, ma, il suo, sarebbe stato solo un modo per farli arrivare in Italia, poi nel viterbese, e sfruttare illegalmente la loro manodopera.

Un’accusa che, però, a distanza di oltre nove anni non avrebbe trovato alcuna base solida: non solo l’azienda della donna al tempo era davvero alla ricerca di personale da inserire con contratti stagionali, ma quei cinque ragazzi non sono mai arrivati in Italia, dato lo stop alle pratiche di ingresso stabilito dal Caf.

Oggi finalmente giustizia è stata fatta e il tribunale viterbese ha finalmente messo la parola fine alla questione: ''Assolto perché il fatto non sussiste''. Una sentenza di assoluta estraneità arrivata dopo oltre mezz’ora di camera di consiglio. Per P.L. è ''la fine di un incubo''.






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