ANNO 14 n° 117
''Tasse, a Viterbo
le piccole imprese
pagano 11.809 euro''
Nota di De Simone, Confartigianato
29/09/2015 - 16:44

VITERBO - Tra Imu, Tasi, Irap, addizionali regionale e comunale Irpef nel 2014 gli italiani hanno sborsato 70,5 miliardi, il 29,5% in più rispetto ai 54,5 miliardi versati nel 2011. I più tartassati, ancora una volta, sono i piccoli imprenditori, soprattutto a causa dell’aumento della pressione fiscale sugli immobili produttivi. Nel 2014, per i 5 tributi una piccola impresa ha versato nelle casse delle Amministrazioni locali in media 10.248 euro, a Viterbo il valore supera la media nazionale registrando 10.890 euro.

In vista della presentazione della Legge di stabilità che dovrebbe intervenire anche sulle tasse locali, Confartigianato ha calcolato l’impatto delle imposte sulle imprese. A livello regionale, i piccoli imprenditori del Lazio si aggiudicano il podio dei più penalizzati, arrivando terzi, subito dopo i campani e i calabresi, con 12.305 euro versati nel 2014.

«In base ai dati presi in esame da Confartigianato – interviene Andrea De Simone, direttore provinciale – i nostri imprenditori pagano circa 4mila euro di tasse in più rispetto ai colleghi valdostani, dove il dato annuale si attesta sugli 8.216 euro. Inutile dire che le nostre imprese pagano troppo e che è necessaria una riduzione fiscale immediata che dia respiro agli imprenditori. È evidente che sotto il peso schiacciante di un fisco inclemente e sempre più articolato nella richiesta di contributi non si può sperare di incrementare la produzione. Fintanto che non si comprende che gli immobili produttivi (capannoni, laboratori, macchinari, attrezzature) non possono essere paragonati a seconde case, non ci si può riempire la bocca con parole come “ripresa”. Non sono le nostre piccole imprese le realtà che devono rimpinguare le casse delle Amministrazioni locali. Non è possibile continuare a chiedere ai nostri imprenditori di reggere il peso delle loro imprese e dello Stato».

Gli imprenditori non sono bancomat senza limiti, in altre parole, e la ripresa economica non passa da un sistema tassativo che mira a impantare le realtà produttive in giganteschi labirinti fatti di IMU/TASI/TARI, aggrovigliati su loro stessi e senza alcuna via di fuga. «Va ridotta la tassazione sugli immobili produttivi – sottolinea De Simone – e va abolito il groviglio tassativo. Permettere alle nostre imprese di sollevare il Paese dalla crisi significa attuare la determinazione dei redditi delle imprese in contabilità semplificata secondo il criterio di cassa e non di competenza. Le tasse si dovrebbero pagare sulle fatture incassate e non su quelle emesse come succede oggi. Sostenere la ripresa, inoltre, vuol dire introdurre, così come più volte sollecitato, l’Iri, la nuova imposta sul reddito di impresa che consentirebbe anche alle piccole imprese di avere una aliquota come quella Ires al 27,5% e non quella progressiva Irpef».

Si chiedono ancora e con maggiore forza che le politiche fiscali vengano riviste con sguardo lucido: accanirsi sui comparti produttivi in tempi di crisi non è un gesto suicida incomprensibile.






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