ANNO 14 n° 110
Sempre più vicina l'unione con Rieti, ma Viterbo si appella alla Consulta
03/10/2012 - 04:00

VITERBO – “Durante il Cal (Consiglio delle autonomie locali, ndr) di ieri, abbiamo ribadito la nostra contrarietà al provvedimento sulla riduzione delle Province, vista la sua manifesta incostituzionalità: per questo motivo attendiamo che sia la Corte Costituzionale a pronunciarsi a riguardo”. E’ questo il commento del presidente della Provincia Marcello Meroi sul decreto taglia- province che sarà discusso dal consiglio dei ministri il prossimo 26 ottobre, mentre oggi il Ministro per la pubblica amministrazione e per la semplificazione, Filippo Patroni Griffi, discuterà sul riordino degli enti alla Commissione Affari Costituzionali. In base ai tagli previsti dal Governo, infatti, la provincia viterbese non avrebbe i requisiti sufficienti per poter sopravvivere da sola (350mila abitanti e un’estensione di 2.500 chilometri quadrati), per questo motivo sarebbe inevitabile il suo accorpamento con quella di Rieti. Stessa sorte che toccherebbe alle province di Frosinone e Latina, mentre Roma diventerebbe “città metropolitana”.

“Se il provvedimento sarà assunto – spiega Meroi – sarà davvero difficile per gli enti locali riuscire a gestire la nuova fisionomia delle province, con tutte le beghe che ricadrebbero sul prossimo Governo. L’accorpamento con Rieti è improponibile: la gestione dei servizi, dei trasporti, le differenze nelle tradizioni, nella cultura sarebbero troppo complesse e non consentirebbero una guida adeguata del territorio”.

“Concordiamo sul fatto che sia necessaria una riforma della pubblica amministrazione, ma il taglio indiscriminato delle province non è la strada giusta da seguire – ha proseguito Meroi -, anche perché il trasferimento delle competenze ai Comuni, sempre previsto dal Governo, implicherebbe un aumento dei costi così tale da non giustificare il ridimensionamento di questi enti”.

“Si tratta di una riforma inapplicabile, non seria e demagogica, che non chiarisce neanche come debbano svolgersi le fasi operative del passaggio delle competenze, del personale, dei beni e delle risorse – ha aggiunto il presidente -. Tutto ciò si traduce in un danno enorme ai servizi sui territori. Uno studio commissionato dall’Upi (Unione province italiane, ndr) all’Università Bocconi, ha addirittura dimostrato come l’eliminazione delle Province non porterà alcun concreto risparmio nelle casse dello Stato, creando, al contrario, inefficienza e disagi all’organizzazione della pubblica amministrazione. Le amministrazioni provinciali, infatti, incidono solo per l'1,4% sui costi della politica, per questo non crediamo che questo decreto possa portare dei seri benefici per il Paese”.

“I consigli comunali avrebbero già da luglio dovuto deliberare sugli accorpamenti – ha incalzato Meroi -, ma di fatto i Comuni sono stati esclusi dalle scelte. Ecco perché andremo avanti con il ricorso di incostituzionalità, aspettando la decisione della Corte Costituzionale, che dovrebbe arrivare i primi giorni di novembre”.

Le regioni, infatti, hanno tempo fino al 23 ottobre per inviare le proprie proposte al Governo, ma in questi giorni alcune hanno già votato sul riordino: in Liguria, ad esempio, Genova diventerà città metropolitana, mentre le province diventeranno Savona-Imperia e La Spezia, in Emilia Romagna, invece, ci saranno le province di Parma-Piacenza, Ferrara, Modena-Reggio Emilia, mentre Rimini, Forlì-Cesena e Ravenna formeranno la “Provincia di Romagna”, con Bologna che sarà città metropolitana.

Il Lazio, invece, ha deciso di non fare alcuna proposta, impugnando la norma davanti alla Consulta.





Facebook Twitter Rss