ANNO 14 n° 117
La Tuscia non č ancora fuori dalla crisi
Il Rapporto sull'economia: nel 2015 segnali positivi dal settore ceramico
29/06/2016 - 16:01

di Nicola Savino

VITERBO – Benino, ma non troppo. Senza numeri particolarmente esaltanti, ma anche senza cedimenti che possano indurre alla depressione. Il Rapporto sull’economia della Tuscia Viterbese nella Tuscia (il numero 16 della serie) è al solito una fotografia con luci e ombre. In Camera di commercio il presidente Domenico Merlani tiene prima a rapporto le associazioni imprenditoriali e i sindacati, poi lascia il microfono al segretario generale Francesco Monzillo che snocciola i dati alla stampa. Il primo indicatore dà l’immagine generale della situazione in queste terre: nel 2014-2015 il valore aggiunto nella provincia di Viterbo è aumentato dello 0,8%, meno che nel Lazio (+1,4) e in Italia (+1,3); in termini numeri ogni abitante della Tuscia vale 18.283 euro, mentre la media nazionale è di 24.107: insomma siamo più poveri rispetto al resto degli connazionali per circa 6mila euro. Che non è affatto poco. Meglio scendere nei particolari per cogliere qualche segnale decisamente più incoraggiante.

IMPRESE Complessivamente quelle registrate sono 37.668 con un incremento l’anno dello 0,3%; gli aumenti maggiori in agricoltura (+0,8), nei servizi di alloggio e ristorazione (+1) e nel settore del noleggio, delle agenzie di viaggio e nei servizi di supporto alle imprese (+1,4); male invece il commercio (-0,3) e soprattutto le costruzioni (-1,9). Estremamente positivo il dato il dato sul numero delle imprese “rosa”: sono 10.154 (+0,8% rispetto all’anno precedente) e rappresentano il 27% del totale, molto di più del dato nazionale (21,7) e laziale (21,8). I settori più rappresentati sono agricoltura (43,3%), commercio (24,7%) e servizi di alloggio e ristorazione (7,2%). In linea con il dato generale la presenze di imprese giovanili che ammontano al 10,1; in decisa crescita il numero delle aziende straniere che sono 2537 (+2,1% nel 2015), pari al 6,7 del totale, ancora molto lontano dal 9,1 italiano e dall’11,1 regionale.

OCCUPAZIONE Diminuisce il numero degli occupati (-0,9%) rispetto all’aumento che si registra in Italia (+0,8%) e decresce pure il numero dei disoccupati: -15,3% nella Tuscia a fronte del -6,3 nazionale. ‘’Purtroppo – commenta Monzillo – non è un buon segnale perché significa che sono molti quelli che abbandonano anche la ricerca di un posto di lavoro’’. Il tasso di occupazione provinciale è del 56,2 (56,3 in Italia), mentre il tasso di disoccupazione è del 13,7 (11,9 nazionale). In particolare, il tasso di occupazione maschile è 66,9, quello femminile 45,8; mentre la disoccupazione è 11,4 per gli uomini e 16,8 per le donne.

ESPORTAZIONI E qui cominciano a vedersi alcuni elementi decisamente più interessanti. L’export della Tuscia è cresciuto nel 2015 del 13,8%, molto di più che nel Lazio (9,2) e in Italia (3,8). Un risultato ancora più interessante se si pensa che i numeri sono fortemente positivi (quasi sempre in doppia cifra) dal 2012. La parte del leone la fa l’agroalimentare (+40%), seguito da tessile e abbigliamento (16%) e ceramica e porcellana (5,5). I Paesi verso i quali è orientata la produzione sono nell’ordine Germania (20,3% con un aumento del 39,4%), Francia (11,8, con identica percentuale di crescita), Stati Uniti (10,2% e +2,2%), Asia (11,2 e +0,8). I cali maggiori nell’export verso la Spagna (-8,2%) e la Russia (-7,8%).

CREDITO Note piuttosto dolenti e differenziate per le famiglie e per le imprese. Si parte dagli impieghi, cioè dal danaro che le banche prestano a terzi: in aumento prestiti e mutui per le famiglie (+5,4%), in calo (-0,6) quelli per le aziende; al contrario, diminuiscono i depositi delle famiglie (-0,4%) e crescono quelli delle aziende (+13%). Che significa? ‘’In pratica – spiega ancora Monzillo – gli istituti di credito fanno ancora fatica a rischiare capitali con le imprese, mentre preferiscono spalmare i rischi sulle famiglie’’. C’è un dato che deve far riflettere: nella Tuscia gli impieghi assorbiti dalla famiglie ammontano al 45,8% del totale; in italia sono invece il 28,9%.

DISTRETTO CERAMICO Quest’anno, l’analisi della Camera di commercio si arricchisce di dati relativi ad uno dei settori più importanti nel panorama imprenditoriale della provincia. L’analisi è stata realizzata da Raffaella Cerica, direttore del Centro Ceramico di Civita Castellana. Sono complessivamente 87 le aziende che operano in quell’area; il valore prodotto ammonta a 410 milioni di euro, dei quali 263 nel settore dei sanitari. La maggior parte delle imprese sono concentrate a Civita Castellana (66%), seguita da Fabrica di Roma (13%), Gallese (8%), Castel S.Elia (7%), Corchiano (5%), Nepi e S. Oreste (1%). E la cittadine civitonica produca da sola il 50% del reddito dell’intera zona. In particolare, nel settore ceramico operano 35 imprese che utilizzano in tutto 1520 operai e 1816 impiegati di altro genere. Il reddito totale prodotto è di 263 milioni di euro, dei quali 103 derivanti da esportazioni, rivolte soprattutto verso Gran Bretagna, Spagna, Germania e Svizzera. ‘’Un risultato straordinario – interviene Merlani – perché le nostre imprese a fronte di una domanda interna che continua ad essere fiacca, hanno saputo internazionalizzarsi, acquisendo importanti fette di mercato all’estero’’. ‘’Il nostro Centro Ceramico – conclude la dottoressa Cerica – è ormai nettamente il più importante in Italia con il 70% della produzione complessiva’’.

CONCLUSIONI Sono affidate a Domenico Merlani, presidente dell’ente camerale: ‘’Parlo prima da imprenditore prima che da responsabile della Camera di commercio. Il primo dato che balza agli occhi è che non possiamo ancora dire di essere totalmente fuori dalla crisi, anche se certamente si può affermare che non siamo più in caduta libera. Non c’è più un mercato certo: ciò che vale oggi, potrebbe non valere più fra tre mesi. E questo spiega anche la cautela con cui si muovono le banche nella concessione del credito alle imprese. Già galleggiare significa un buon risultato. Competere in Italia è decisamente più complicato rispetto al resto d’Europa e in questo la Camera di commercio può svolgere un ruolo decisivo di sostegno e aiuto: semplificando la burocrazia, aprendo sportelli di consulenza. Lo stiamo facendo e continueremo e farlo con ancora maggior impegno. Il resto dipende dalla capacità di innovazione delle nostre aziende e dalla condizioni generali, a cominciare dal mercato interno che continua ad essere ancora molto flebile’’.






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