BOMARZO - ''Il tifo non deve essere una professione, ma passione''.

Ospite ieri alla tre giorni di formazione politica organizzata dal Centro studi Aldo Moro a Mugnano, Claudio Lotito, presidente della Lazio, ha parlato anche del suo rapporto piuttosto movimentato con le frange più estreme del tifo bianco-celeste, ricordando di vivere tutt’oggi sotto protezione proprio per il fatto di non essere mai sceso a compromessi. ''Ancora oggi ricordo quando, diventato da poco presidente, mi dissero che avrei dovuto incontrare una delegazione dei tifosi. All’inizio non avevo capito, pensavo si trattasse di sindacati. All’incontro, organizzato all’aperto, si presentarono alcuni individui, tra cui Diabolik (Fabrizio Piscitelli, il capo ultrà ucciso a Roma, pare in un regolamento di conti, ndr). Si presentò proprio come Diabolik, e io di tutta risposta gli dissi: e io sono l’ispettore Ginko'', ha rivelato Lotito, suscitando il sorriso della platea. ''Ma di Diabolik posso dire che alla fine aveva capito con chi si stava scontrando'', ha aggiunto.

Caso ultras a parte, Lotito ha ricordato il suo percorso come presidente della Lazio: ''Una società all’epoca altamente indebitata e che oggi è un esempio dal punto di vista morale ed economico''. Lotito ha sottolineato che a differenza di altri imprenditori che nel calcio si sono persi, trascinando con sé le sorti delle proprie squadre, lui invece sia riuscito ''a creare una società sana, con un lungo futuro davanti'.

Sul fronte delle riforme, tema sul quale era incentrato l’incontro, Lotito ha auspicato una riduzione del numero delle società professionistiche iscritte ai vari campionati, ''per evitare che nel sistema possano entrare capitali di dubbia provenienza''. Mentre per quanto riguardo l'aspetto sportivo, ha ribadito che ''l’importante non è vincere a tutti i costi, ma piuttosto come si arriva a vincere''.