ANNO 14 n° 117
''Dammi i soldi, io sono uno dei Casamonica''
Le minacce del boss Di Guglielmi a processo per estorsione e usura
08/03/2017 - 02:00

VITERBO – ''Ho comprato un’auto nel concessionario di Di Guglielmi: l’accordo era di pagarla a rate, con assegni postdatati. Una Mercedes classe A. Per un valore totale di 7 mila euro. Da quel momento è iniziata la mia personale tragedia: giorni di angoscia e di paura.’’. A ricostruire in aula il primo incontro con Consiglio Di Guglielmi, boss 64enne dei Casamonica, è Yuri C., parte civile nel processo per estorsione ed usura a carico del capoclan, del figlio Sabatino, del viterbese Raffaele Polleggioni e di Adolfi Perazzoni, residente a Civita castellana.

''Era il 2007 – ha precisato il ragazzo, classe 1977 – qualche dettaglio è ad oggi sfocato, ma ricordo con precisione quando, alcuni giorni dopo l’acquisto della macchina, chiamai Consiglio, che si era presentato a me come Claudio, per dirgli che non mi era possibile saldare la prima rata del pagamento.’’. Pochi istanti e un’altra chiamata. ‘’Mi ricontattò qualche minuto più tardi: mi disse che a lui non importava niente delle mie difficoltà economiche. Che avrei dovuto saldare il debito, che dovevo pagare. E subito. Altrimenti mi avrebbe fatto pentire di essere nato. Mi avrebbe fatto passare dei brutti momenti. D’altronde – ha sottolineato – non era un uomo qualunque. Lui apparteneva alla famiglia dei Casamonica.’’.

Un nome non di poco conto, che ha fatto immediatamente allarmare il ragazzo: ''Le richieste di Claudio erano state chiare: se non avessi saldato la prima rata, avrei dovuto riportargli indietro la macchina all’autosalone e lasciargli comunque dei soldi.’’. 4 mila e 600 euro. ''Che chiesi a mio suocero, tanta era la paura per me e per la mia famiglia’’.

Niente auto e la perdita di circa 5 mila euro, che legittimano oggi la sua costituzione come parte civile nel processo per estorsione ed usura a carico del boss, di suo figlio e dei due ‘’complici’’. Un processo nato dall’operazione capitolina ‘’Fire’’, che smascherò a fine 2007 il tentativo del clan romano di infiltrarsi, senza successo, all’interno del tessuto viterbese.

Così come ha raccontato in aula un’altra vittima dell’organizzazione criminale: ''Avevo problemi economici – ha spiegato l’imprenditore – così ho chiesto ad Adolfo Perazzoni se potesse darmi una mano. È stato lui a presentarmi Claudio: per un prestito di 50 mila euro, ne avrebbe voluti indietro 110 mila. Non accettai. Era una proposta allucinante.’’.

Si tornerà in aula tra una manciata di giorni. Il prossimo 14 marzo.






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