ANNO 14 n° 117
''Chiediamo allo Stato solo la verità''
Il fratello dell'urologo morto a Viterbo nel 2004 attacca la magistratura viterbese
e rilancia la tesi che sia stato ucciso dalla mafia dopo aver operato Provenzano
25/05/2013 - 04:00

VITERBO - ''Chiedo allo Stato una verità e non, come si dice in Sicilia, 'un mascheriare' rispetto a qualcosa che non è mai accaduto''. Questo l'appello di Gianluca Manca, fratello di Attilio Manca, l'urologo siciliano trovato morto nel febbraio 2004 nella sua casa in via Santa Maria della Grotticella a Viterbo.

Un appello lanciato da Napoli in occasione di un incontro sulla legalità che ha avuto come oggetto il libro ''Le vene violate - Dialogo con l'urologo siciliano ucciso non solo dalla mafia'' di Luciano Armeli Iapichino, in cui si ricostruisce la storia e la morte del giovane urologo.

Secondo la ricostruzione della magistratura, Attilio Manca si sarebbe suicidato. Una tesi che la famiglia non condivide perché, come ha piegato il fratello Gianluca, ''nel fascicolo depositato presso la Procura della Repubblica di Viterbo ci sono elementi che ci portano a ritenere che Attilio sia stato ucciso''.

Una morte, forse, arrivata proprio per la sua abilità di medico. L'ipotesi della famiglia è che Attilio sia stato ucciso perché 'aveva visitato o operato il boss Bernardo Provenzano e forse lo aveva anche assistito dopo l'intervento eseguito a Marsiglia, in Francia.

''L'unica realtà - ha agguinto il fratello - è che Attilio non si è suicidato. Noi chiediamo allo Stato di tutelare i cittadini perché senza tutela non credo si possa parlare di democrazia''.

Il libro sulla morte di Attilio Manca nasce, come ha spiegato l'autore, ''per rivitalizzare la solidarietà a una famiglia che da anni si batte per cercare verità e giustizia e per essere la voce di quel Meridione tutto che paga giornalmente il prezzo salato delle ingiustizie''.

Un incontro che, accanto alla presenza del sindaco di Napoli Luigi De Magistris, ha visto anche quella dell'assessore ai Giovani Alessandra Clemente, figlia di Silvia Ruotolo, vittima innocente della camorra che, rivolgendosi agli studenti, ha ricordato come ''queste storie rappresentano un'ingiustizia profonda, senza senso, ma sta a noi dare loro un senso capendo quali sono le scelte da fare perché noi sappiamo da che parte stare''.





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