ANNO 14 n° 118
Banda degli usurai, ''Mai ricevuto minacce per pagare i debiti''
Parla in aula una delle presunte vittime, in quindici sono accusati di usura e ricettazione
19/02/2020 - 06:58

VITERBO - (b.b.) ''Angelo Paparozzi mi aveva prestato dei soldi, quando in passato mi sono trovata in difficoltà. A volte sono riuscita a restituirglieli secondo i termini stabiliti. Altre ho dovuto chiedere dei giorni in più. Alla sua morte, ho continuato a pagare il fratello Venturino per estinguere il debito. Ma Venturino non mi ha mai minacciato, né ha voluto più soldi rispetto a quelli che con Angelo avevamo pattuito''.

A parlare in aula, come testimone, è una presunta vittima della ''banda dei canepinesi’’ che secondo la procura avrebbe messo in piedi un giro di prestiti a strozzo, stroncato nel 2010 con un maxi blitz della Guardia di Finanza che portò a tredici arresti. In quindici sono ad oggi alla sbarra per rispondere a vario titolo di usura e ricettazione: Alberto e Augusto Corso, Augusto Meloni, Americo Zappi, Venturino Paparozzi, Ferrero Ferri, Orazio Benedetti, Domenico Graniero, Salvatore Ricco, Zaira Chiricozzi, Sabina e Raffaele Graniero e Giuseppe Mastronicola.

Chiamata a raccontare quanto già ripercorso di fronte al pubblico ministero una decina di anni fa, la presunta vittima però non ricorderebbe nulla dei toni forti e delle minacce con le quali uno degli imputati avrebbe preteso la restituzione dei soldi prestati, né di quanto a fronte di un prestito di circa 40mila euro avrebbe dovuto ridare.

''Ad Angelo, che ci ha lasciati ormai tredici anni fa, avevo dato dei gioielli di famiglia e degli assegni come parziale copertura del debito – ha spiegato – quando è venuto a mancare il fratello mi voleva addirittura dare indietro l’oro, sapendo quanto fosse importante per me. Non ha nemmeno voluto più soldi rispetto a quelli che dovevo ad Angelo''. Cifre che sarebbero state appuntate tutte all’interno di un’agendina con nomi e numeri.

''Non mi ha mai minacciato'' ha ribadito ieri in aula. Parole ben diverse da quelle usate nel 2010 durante un formale colloquio con il pm Paola Conti, quando la donna disse di essere stata minacciata, con toni forti, per ottenere l’immediata restituzione delle cifre.

''Se non avesse smesso, sarei stato costretto a denunciarlo'' avrebbe detto all’epoca riferendo anche di minacce rivolte al figlio e ai famigliari.

Secondo la procura, i quindici imputati avrebbero messo in piedi un giro di usura approfittando della situazione di necessità economica di alcuni loro compaesani. A far scattare l’indagine la richiesta di aiuto da parte di un imprenditore oggi 60enne al quale, secondo i calcoli dei finanzieri, sarebbero stati chiesti interessi perfino del 18mila percento.






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