ANNO 14 n° 118
Accede al fondo antiusura, ma i giudici
assolvono i presunti aguzzini
Condannati a due anni, con pena sospesa, solo per un singolo episodio
La difesa: ''Nessun prestito a strozzo, faremo appello''
20/02/2019 - 07:30

VITERBO – (b.b.) Avrebbero prestato alla vittima novemila euro e ne avrebbero richiesti indietro, con ripetute pressioni, diecimila. Per questo sono stati condannati a due anni di reclusione ciascuno e cinquemila euro di multa, con pena sospesa. Sono il marmista e il ragioniere di Soriano nel Cimino finiti alla sbarra dopo la denuncia di un imprenditore 58enne che alla Guardia di Finanza raccontò di come fosse finito all’interno di un giro di usura e di prestiti a strozzo. E che per questo avesse anche pensato al suicidio.

Dopo anni e anni da quella denuncia, ieri, di fronte al collegio presieduto dal giudice Silvia Mattei, la sentenza: il marmista e il ragioniere, assolti da gran parte dei capi di imputazione, sono stati condannati, per poco meno di mille euro, a meno del minimo della pena prevista dal codice penale per il reato di usura.

''Il 644 è un reato matematico – ha commentato, con soddisfazione, l’avvocato della difesa Stefania Sensini – per ogni assegno in entrata e in uscita, per ogni prelievo e versamento ci deve essere un riscontro contabile: se le cifre dei soldi prestati e di quelli riavuti indietro combaciano, non c’è alcun tipo di illecito. E qui lo abbiamo dimostrato''.

Nessuna tentata estorsione, dunque, nessuna traccia di quell’enorme giro di usura che nel 2007 avrebbe messo in ginocchio l’imprenditore canepinese tanto da fargli pensare al suicidio, prima, e alla denuncia dei suoi aguzzini, poi.Fino ad arrivare al risarcimento dal fondo antiusura.

''Non c’è stato alcun prestito di soldi ha strozzo – ha spiegato il legale Sensini – ma solamente un maldestro tentativo da parte dei miei assistiti di riavere indietro ciò che spettava loro''.

Dalle denunce del 58enne, oltre al procedimento a carico del marmista e del suo ragioniere, che ieri si è concluso, è nato un secondo filone di indagine, sfociato nel rinvio a giudizio di quindici persone di Canepina, ugualmente accusate di usura e ricettazione: secondo l’accusa, anche loro, avrebbero prestato soldi all’imprenditore richiedendo indietro cifre a tassi di interesse elevatissimi. Ma il loro processo, che si è aperto solamente qualche giorno fa, è tutto da scrivere.

Soddisfatta, intanto, la difesa dei due imprenditori di Soriano: ''Siamo riusciti a dimostrare la loro totale innocenza e a far luce sulla totale non credibilità delle ricostruzioni della presunta vittima, i cui racconti hanno rasentato a tratti il paradosso. Per l’unico capo di imputazione per cui è arrivata la condanna – ha concluso - siamo pronti a ricorrere in appello''.






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