ANNO 14 n° 116
27enne muore in una clinica in Albania
Tullio Simoncini, medico viterbese radiato dall'albo, continuava a curare i pazienti in una clinica di Tirana con delle iniezioni a base di bicarbonato
03/11/2012 - 04:00

di Alessandra Pinna

VITERBO – Millantava di aver ‘’scoperto’’ la cura al cancro con il bicarbonato, poi, nel 2006 era stato condannato a tre anni per omicidio colposo ‘’per aver provocato la lacerazione dell’intestino a un malato terminale’’. Oggi, Tullio Simoncini, medico originario di Valentano, balza nuovamente alle cronache dopo la morte, il 18 ottobre scorso, di Luca O., catanese di 27 anni, ricoverato in una clinica privata di Tirana ‘’per sottoporsi - ha spiegato il legale della famiglia nella denuncia presentata alla magistratura dai familiari del giovane - alla terapia indicata dal medico Tullio Simoncini al di là di ogni medicina tradizionale’’.

I FATTI - Il giovane Luca, cui nel giugno scorso era stato diagnosticato un tumore al cervello, viene accompagnato a Tirana dai suoi genitori. In Italia, infatti, la pratica seguita da Simoncini è vietata. Ai famigliari viene detto dallo specialista - si legge nella denuncia depositata sia a Tirana che presso al Procura della Repubblica di Roma - che attraverso la terapia a base di bicarbonato di sodio ‘’le possibilità di sconfiggere il tumore erano del 70% a fronte di un rischio clinico di trombosi e infezione di circa il 2%. Prezzo della prestazione, da corrispondere in contanti - è scritto nella denuncia - 20mila euro’’. ‘’Dopo le prime sette fiale di bicarbonato - si legge ancora nella denuncia - Luca comincia a rimettere e ad avvertire forti mal di testa che convincono Simoncini a sospendere la terapia che sarebbe stata ripresa dopo due giorni. Poco dopo l'infusione della restante terapia a base di bicarbonato, il giovane ha accusato gli stessi disturbi di due giorni prima, aggravati dall'insorgere di violenti spasmi muscolari’’. A quel punto un medico albanese decide autonomamente di somministrare una flebo di valium. Le condizioni di Luca, però, precipitano e viene trasferito nel vicino ospedale ‘’Madre Teresa’’ dove muore dopo pochi minuti. La vicenda è ora all'esame della Procura di Roma, che ha aperto un fascicolo sulla morte del giovane. ‘’È una storia allucinante – ha dichiarato Francesco Lauri, avvocato della famiglia - in cui una terapia del tutto sprovvista di validità scientifica a livello nazionale, viene praticata - dietro preventivo pagamento di 20mila euro - irresponsabilmente in strutture non in grado di affrontare un'emergenza. Ci auguriamo – ha concluso - che le autorità albanese conducano le appropriate indagini in parallelo con la Procura di Roma’’. Sul fatto, pochi giorni dopo la morte del giovane, si è occupato nuovamente il tg satirico di canale 5 ‘’Striscia la notizia’’ GUARDA IL SERVIZIO DI STRISCIA LA NOTIZIA che, nel 2005, aveva filmato Simoncini durante un colloquio con una finta paziente fatta infiltrare dall’inviato Jimmy Ghione.

I PRECEDENTI – L' inchiesta era partita dalla denuncia presentata nel 2002 dai familiari di un uomo di 35 anni, affetto da un tumore al peritoneo (stomaco), e dai responsabili dell' associazione Antea, che si occupa di cure palliative. L’uomo, che era un famoso dj di radio private e discoteche romane, era stato trasferito in fin di vita nell’hospice dell’Antea dopo aver ricevuto cure da Simoncini. L' autopsia, secondo i parenti, aveva accertato che il grosso ago usato per l' iniezione di bicarbonato dal medico aveva provocato una perforazione dell' intestino, causando una peritonite e il conseguente decesso avvenuto l’8 febbraio 2002. Poco tempo dopo, le altre due vittime: Maria Grazia Canegrati, di Milano, uccisa il 1 marzo 2002 da un adenocarcinoma, e Grazia Cicciari, di Milazzo, morta il successivo 15 novembre per un tumore ai polmoni. Sono i due casi che hanno fatto guadagnare a Simoncini l’ assoluzione dall’ accusa di omicidio colposo, ma il giudice aveva condannato il medico, insieme al fratello, per truffa aggravata.

LA RADIAZIONE DALL’ALBO – A un anno dalla morte del 35enne, il pm Giuseppe Andruzzi, che all’epoca conduceva le indagini, aveva chiesto e ottenuto dal gip, Maria Teresa Covatta, la sospensione dall' attività sanitaria. Il pm aveva individuato l' aggravante nei confronti dei due imputati (Simoncini e il fratello), di aver approfittato della fragilità emotiva causata proprio dal tumore di cui i pazienti erano affetti. La magistratura aveva anche oscurato un sito.

 

 

 

 





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