ANNO 14 n° 117
Peperino&Co.
Una nuova ''torre''?
No grazie
di Andrea Bentivegna
27/08/2016 - 02:00

di Andrea Bentivegna

Come ogni anno, dopo Ferragosto, Viterbo inizia a parlare di Santa Rosa e si va avanti così fino a settembre. È una tradizione alla quale non sento di sottrarmi. Tanto più quest’anno in cui è tornato d’attualità un argomento che mi sta molto a cuore: il museo delle Macchine.

Molti obietteranno a questo punto che le priorità della città sono altre, ma hanno ragone solo in parte. Se da un lato infatti il museo non migliorerebbe di per sé la città, al contrario le ricadute che un’opera del genere avrebbe sul territorio sarebbero a lungo andare notevolmente positive.

A questo proprosito, poi, in questi giorni, poi, è emersa una prima interessante proposta. Non ancora un museo ma un deciso passo verso qualcosa di simile. Un tavolo di lavoro istituito dal Comune e del quale fanno parte diversi ideatori del passato, il Sodalizio dei Facchini e anche il professor Alfredo Passeri docente alla Facoltà di Architettura di Roma Tre, sta lavorando infatti a un’ipotesi: sostituire il classico ponteggio di tubi innocenti a San Sisto con una struttura definitiva, una teca, presumibilmente trasparente, che possa ospitare la macchina a Porta Romana permanentemente rendendola così sempre visibile.

Evitando ogni tipo di polemica con le persone che a febbraio scorso mi hanno offerto la grande opportunità di essere presente al primo incontro a Palazzo dei Priori e che, va ricordato, stanno offrendo il proprio lavoro a questa città, mi sento comunque di esprimere tutte le mie perplessità riguardo questa proposta.

L'idea non è priva di suggestioni e peraltro ha anche il merito di proporre una soluzione migliore ad un aspetto che stiamo ignorando da troppo tempo, ovvero la pericolosità del capannone di San Sisto (come dimostra l’incidente del 2007). Ma non credo sia questa la strada giusta.

Andiamo con ordine. A Porta Romana si costruisce ogni anno -attorno al 20 luglio- il solito ponteggio, mentre la Macchina viene assemblata - in poche ore - solo a fine agosto. Perché dunque mantenere inutilmente in piedi una struttura, comunque precaria, per oltre un mese? Si potrebbe studiare una soluzione diversa che sia più rapida da innalzare riducendo così drasticamente i giorni di ''rischio''.

In secondo luogo, come proposto da Veralli al sindaco in quel primo incontro, l’impalcatura potrebbe intanto essere utilizzata per proiezioni che raccontino il trasporto ''a grandezza naturale''. Sarebbe una cosa relativamente semplice ma di grande effetto in questo periodo per i visitatori.

Per quanto riguarda invece l’idea vera e propria della ''teca'', la torre trasparente che dovrebbe ospitare la Macchina, come detto non credo sia la soluzione migliore. E per diversi motivi.

Intanto perché una costruzione adiacente alle mura, in vetro, per quanto ben progettata e seppur per un nobile fine come questo, non mi pare la cosa migliore per salvaguardare la bellezza e l’integrità delle nostre antiche mura medioevali. Si trattasse di un condominio inorridirebbero tutti.

In secondo luogo sono contrario anche concettualmente. La Macchina passa, dialoga con l’antico spazio urbano per qualche giorno, e poi viene smontata. Questo suo essere effimera è un aspetto fondamentale per la sua unicità. La città la immagina per un anno intero, fino a vederla comparire nelle strade e nelle piazze ed eliminare questa componente di attesa significa rendere la festa più ordinaria.

Diverso sarebbe stato, sempre secondo me, se si fossero montate le vecchie Macchine in alcune piazze del centro storico. Questa era anche la prima idea presa in considerazione nella chiacchierata col sindaco a cui partecipai lo scorso febbraio. Si sarebbe infatti trattato di un intervento analogamente effimero, della durata di qualche settimana, e che soprattutto avrebbe riguardato solo i vecchi modelli che sarebbero stati esposti in alternanza da un anno all’altro.

Dobbiamo renderci conto  che un museo in cui contemplare le macchine montate è una soluzione complicata per il momento, per costi e logistica, ma conservarle, anche smontate, in un luogo degno della loro bellezza montandole poi per alcune settimane sarebbe un’esperienza molto diversa dall’osservare la Macchina attuale tutto l’anno che diventerebbe così un oggetto quotidiano, solo un’architettura e non più un campanile che cammina.





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