ANNO 14 n° 110
''Voglio combattere questa battaglia fino alla fine''
La prima denuncia di Anna Maria Pascucci, malata di Sla
18/12/2015 - 12:05

Di seguito, la denuncia di Anna Maria Pascucci dell'8 dicembre scorso:

Sono la signora Anna Maria Pascucci, ho 63 anni e esordisco dicendo che sbattere il muso contro un muro di gomma fa più male della malattia di cui sono affetta. Mi è stata diagnosticata in un valente centro diagnostico, il centro Nemo dell’ospedale A. Gemelli di Roma, dove sono stata accolta con grandissima professionalità, senso di responsabilità e aspetto umano, che non ho mai trovato durante il mio percorso peregrinando da ospedale a ospedale, come in questo centro, dove mi ha seguita con solerzia professionale tutta l’equipe medica e paramedica del reparto.

Purtroppo la diagnosi è terribile: Sla, sclerosi amiotrofica laterale al terzo stadio avanzato con grave compromissione respiratoria, quindi, oltre ad avermi paralizzata completamente mi ha tolto quasi la capacità di respirare autonomamente e soprattutto, poiché nel centro ero monitorata 24 ore su 24, alla mia dimissione da esso l’équipe medica ha fatto prescrizione urgente di ausili per la respirazione da avere in tempi brevissimi a domicilio.

Sono stata dimessa, quindi, e i miei cari, che con grande abnegazione e sacrificio mi seguono ininterrottamente giorno e notte per rendere, nelle loro possibilità, i miei disagi più sopportabili, si sono preoccupati di presentare di persona, immediatamente, le richieste con dicitura “urgente” di presidi per respirare, alla Asl di competenza.

Sono passati molti giorni da quella presentazione di domanda e alla preoccupata sollecitudine di richiesta da parte di chi mi assiste e anche da me personalmente, malgrado la grave difficoltà che ho anche nel parlare, la Asl mi risponde che la mia pratica non è nemmeno ancora stata presentata agli uffici di competenza e le numerose telefonate che sono state fatte sono finite tutte con una risposta, sempre la stessa: ''Signora la richiameremo, le faremo sapere''.

Adesso, mentre vi scrivo, mi è arrivata la telefonata di un dirigente dell’ufficio protesi della Asl che con sollecitudine sta facendo il possibile perché mi vengano dati gli ausili per respirare, tutto questo perché io possa ritardare quanto più nel tempo la dolorosa operazione di tracheotomia per la ventilazione assistita continuativa.

Mi chiedo adesso se farraginose lungaggini burocratiche di questo Paese Italia, che dimentica facilmente quali sono le priorità in campo della salute, io debba vedere vanificato il professionale, valido e amorevole lavoro del Centro nel quale sono stata ricoverata e stabilizzata, per il momento, perché questi presidi hanno bisogno di firme e firmucole che persone in tutt’altre faccende affaccendate che, se non conoscono la malattia (e non è d’obbligo, malgrado ultimamente se ne parli molto), non conoscono però neanche il dovere del proprio lavoro; tra questi scriteriati personaggi mi preme escludere quelli che si sono prestati e sono stati corretti nello svolgimento del loro lavoro.

Sappiamo cos’è la Sla, parlo di questa malattia perché riguarda la mia realtà e quella di tantissime persone malate come me che vengono validamente seguite da alcuni e abbandonate da altri, a questo si aggiunge un altro non meno grave problema di ordine pratico: come vi ho già detto, io sono seguita 24 ore su 24 da mio figlio e da mia nuora, che hanno dovuto per ovvi motivi di assistenza continuativa lasciare il lavoro, questo crea difficoltà economiche di sopravvivenza molto gravi e mi sembra di aver capito che lo Stato ha erogato alle regioni e quindi ai comuni di appartenenza fondi che dovrebbero essere consegnati sotto forma di contributo economico differenziato a seconda della gravità della patologia, proprio per dare la possibilità di vivere in modo quasi dignitoso alle persone che si occupano di questi malati e, ripeto, sono obbligate a lasciare il lavoro o obbligate a non poterne cercare uno se non lo hanno, perchè la loro vita, finché il malato vive, è indissolubilmente legata alla vita di esso.

Io abito in un piccolo centro laziale, Soriano nel Cimino, in provincia di Viterbo, dicono un paese ridente ma che nasconde tra chi lo manda avanti o ne ha la responsabilità, incompetenza e incapacità di venire incontro e risolvere, legalmente parlando, i problemi che diventano diritto del malato alla vita.

Mi viene in mente di chiarire che oltre alle visite mediche domiciliari che mi vengono fatte io ho bisogno, a causa di altre patologie gravi altre alla Sla, di raggiungere centri ospedalieri dove mi vengono infuse cure che servono a queste patologie. Pur avendo presentato in tempi brevi la domanda per il contributo economico ai malati di Sla all’ufficio di competenza del mio comune di appartenenza, mi sono sentita rispondere che forse i bandi sono chiusi e che bisognerà aspettare; non so quanto e non so come dovrò aspettare i tempi delle calende greche malgrado la contingenza economica nella quale vivo, poiché percepisco solo un minimo di pensione di reversibilità (sono vedova da 12 anni) di 600 euro che, aggiunti all’indennità di accompagnamento per invalidità totale più una piccola pensione di invalidità di 290 euro circa, mi bastano appena per andare avanti, io, mio figlio e mia nuora che, ripeto, non vorrebbero pesare su di me ma che purtroppo obbligatoriamente devono starmi accanto e non possono provvedere al loro sostentamento personale.

Oltre a queste spese il mio Comune non ha mai attivato, malgrado le mie continue sollecitazioni, un servizio di trasporto che mi consenta di raggiungere i centri presso i quali vengo curata, eccetto alcune volte (solo 3) che però sono terminate e mi è stato comunicato senza mezzi termini che dovrò provvedere a mie totali spese all’affitto di un pulmino e di un autista che mi consenta di raggiungere i vari centri dove sono seguita… e vi assicuro che non vado in vacanza!

Malgrado io abbia scritto innumerevoli volte all’amministrazione comunale e abbia chiamato numerose volte l’ufficio dei servizi sociali per avere questo trasporto e inoltre aver richiesto alle autorità competenti un posto macchina per invalidi vicino alla mia abitazione per facilitare i mie spostamenti, ho potuto constatare che c’è un ping pong di responsabilità (devo ammettere a me stessa, bella partita!) per risolvere il problema e mi sono soltanto sentita rispondere che devo provvedere da me.

Adesso, facendomi due conti con il budget che vi ho presentato riesco a malapena a pagare le bollette, far funzionare i riscaldamenti e comprare le medicine e in ultimo anche a mangiare, per me, io figlio e mia nuora e vi assicuro che pur spremendo all’osso questo misero budget, 150 euro che devo pagare ogni volta che devo spostarmi (minimo 5 volte al mese) non riesco proprio a farli uscire perché, sapete, nessuno mi ha mai dato la facoltà di moltiplicare i pani e i pesci, io davvero non so proprio fare i miracoli. Scusatemi ma questa è la mia realtà, non so se è vero che io debba aspettare l’apertura di un bando per avere dei fondi che mi spettano di diritto, non ho scelto io di essere malata di Sla, facevo un lavoro per me estremamente appagante, ero restauratrice di belle arti e ho lavorato anche nel restauro di alcuni manufatti nel comune nel quale abito, di palazzi storici e nel castello ubicati all’interno di Soriano; ho eseguito questi lavori con umiltà e professionalità, ricevendo riconoscimenti dalle committenze.

Ora le mie braccia sono ferme sulle mie gambe immobili, non riesco più ne’ e firmare né a reggere una posata per potermi alimentare… e questo è solo l’inizio. Quello che mi è dato di sapere del futuro solo Dio lo sa, ma mi rendo conto che l’abbandono mio e della mia famiglia da parte di chi ha il dovere morale, civile e istituzionale di aiutarci è una chimera invisibile all’orizzonte: qualche pacca sulla spalla e qualche “coraggio, ce la devi fare” e poi niente più, silenzio totale.

Ho scritto al sindaco del mio paese diverse volte e le risposte sono state sempre le stesse, ''Stiamo provvedendo'', ma cosa, come e per chi non mi è dato di sapere, intanto la malattia sta divorando i mie giorni e non posso oppormi in nessun modo e la disperazione di vedere che dove io risiedo e sono obbligata a stare c’è l’immobilismo assoluto, mascherato da tante promesse senza assolvimento, mi fa stare ancora più male perché la rabbia non espressa dell’ingiustizia uccide più della malattia.

Voglio combattere questa battaglia affinché in un futuro che mi auguro di vedere e di vivere io possa vedere risolti almeno in parte, se non tutti, i risultati che mi aspetto. Mando questa lettera aperta a voi e ai giornali perché, anche se sembra scontato, il problema che hanno alcune persone ad adempiere ai loro doveri in modo costruttivo e il loro atteggiamento inconcludente danneggiano ulteriormente la vita di persone oneste che pagano le tasse e provvedono quindi anche ai loro stipendi in cambio di niente, quando si trovano in gravissime difficoltà. Dove sono i servizi? Conosco i miei doveri e li adempio tutti, ma purtroppo sono digiuna dei miei diritti che qualcuno si arroga il diritto di eliminare. Non so se avrò la fortuna e il tempo di vedere conclusa in modo positivo la mia drammatica avventura, voglio sottolineare che anche da parte del comune dove mio figlio e mia nuora abitano non c’è stata la garanzia, in questo momento drammatico della nostra vita, da parte di chi pùò e deve per obbligo professionale aiutare; anche i loro appelli e la loro richiesta di aiuto sono precipitati nel silenzio assordante dell’indifferenza comune. Loro sono giovani ma stanno già valutando sulla propria pelle per diretta esperienza la nullità morale di alcuni individui, ma questo non li destabilizza.

Io però sono adulta, anzi anziana, e posso assicurare con l’esperienza della mia vita, che di persone corrette in questo Paese che è l‘Italia ce ne sono davvero poche e qualcuna di queste ho avuto la grande fortuna di incontrare. Finisco qui la mia lettera ma non certamente la mia battaglia, coadiuvata dal sostegno dei mie cari e finchè avrò forza la porterò avanti sicura che dopo di me continueranno a battersi loro per demolire certi atteggiamenti di falsità e menefreghismo di cui siamo circondati e sono anche convinta che il comportamento morale di chi mi circonda e mi ama sarà sempre elevato e irraggiungibile per la bassezza di altri''.

Anna Maria Pascucci

 






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